lunedì 6 giugno 2016

Sogno e realtà a Mompox


Ho sempre pensato che la Macondo di Gabriel García Márquez fosse frutto di un suo sogno, e all'incirca lui stesso lo confermava, dicendo che aveva fatto galoppare la fantasia a partire dai ricordi d'infanzia, trascorsa coi nonni materni ad Aracataca, e dai racconti di questi ultimi; più difficile immaginare che un sogno possa essere frutto di una realtà, così suggestiva, colorata, ricca di suoni, immersa nella natura e come sospesa nel tempo da sembrare immaginaria: questo mi è successo a Mompox, situata sull'isola Margarita, tra il corso del Cauca e del Magdalena, sulle rive di quest'ultimo, in una zona di paludi pescose e terre molto fertili che ricorda il Pantanal brasiliano, 250 chilometri circa a Sud-Ovest di Cartagena, nel dipartimento di Bolívar. 


Fondata il 3 maggio del 1537 come Santa Cruz (Mompoj era il
nome del cachique locale) da Don Juan Quintero de Heredia, fratello di quel Pedro che a sua volta aveva fondato Cartagena, era dopo questa il secondo porto della regione, fondamentale per il commercio con l'interno e fu qui che dalla costa si trasferirono molte famiglie abbienti, sia per sfuggire ai continui attacchi pirateschi, sia per seguire da vicino i propri affari, che avvenivano per via fluviale lungo il corso del Magdalena: qui affluiva l'oro, che era ciò che principalmente cercavano gli invasori spagnoli che chiamavano queste terre l'Eldorado, e non a caso vi fu impiantata una zecca e vi si sviluppò l'arte orafa, per cui Mompox (o Mompós, come viene anche chiamata) va famosa ancora oggi. 


La città, con ben sei chiese, un tribunale, un ospedale, scuole, un paio di conventi, un grosso mercato situato in uno splendido edificio (restaurato ma oggi non più adibito alla sua funzione originaria), un paio di belle piazze e un cimitero stupefacente, prosperò fino alla fine del XIX secolo, quando il trasferimento dei traffici su un altro ramo del Magdalena, in seguito alla deviazione del corso del fiume, ne decretò la decadenza economica a vantaggio di Maguengué, immobilizzandola, per così dire, nella dimensione in cui era al momento del suo massimo splendore, nel XVII e XVIII secolo. 


E' stata in compenso la fortuna di chi viene a visitarla oggi, affrontando un viaggio relativamente lungo e disagevole, ma che vale assolutamente la pena di intraprendere, benché la cittadina, che ora conta circa trentamila abitanti, non viva di solo turismo, anche se l'inserimento nella lista dei Patrimoni dell'Umanità protetti dall'UNESCO ha contribuito a farla conoscere e anche ad aiutarne la preservazione: l'attività agricola e la pesca sono comunque vivaci, così come quella artigianale, che ha la sua punta d'eccellenza nella lavorazione della filigrana d'oro e d'argento, una tradizione che si tramanda in famiglia e nei numerosi laboratori. Più che le parole, però, credo che qualche immagine descriva meglio l'atmosfera di quando si dice che un luogo è sospeso nel tempo: tre giorni sono trascorsi così, senza sentirlo incompete, se non placido, impercettibile scorrere delle acque del fiume.



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