Tre giorni a Vienna sono stati una boccata d’ossigeno in mezzo ai fumi tossici che hanno pervaso quest’estate in cui, causa crisi, i nostri politicanti, a cominciare da quelli al governo di questo sciagurato Paese, non hanno dato tregua con trovate estemporanee e contraddittorie per rabberciare in qualche maniera una manovra finanziaria senza capo né coda nel vano tentativo di salvare un tracollo ormai inevitabile. Non sufficienti per disintossicarsi, ma utili per vivere una realtà diversa, fare dei raffronti e... incazzarsi ancora di più. Premesso che non impazzisco per Vienna, chenon rientra tra le città che mi emozionano e mi entrano nel cuore, così come non amo particolarmente l’Austria e gli austriaci, proprio perché li conosco molto da vicino, ciò che salta subito all’evidenza è la sua vivibilità. Intesa come qualità della vita in generale: dal traffico, al funzionamento dei mezzi pubblici (per niente cari se si usano biglietti con validità per 24, 48, 72 ore o, meglio ancora una settimana), alla pulizia, al livello dei prezzi: mediamente più bassi che in Italia, e dei servizi: imcomparabilmente maggiore, con stipendi medi però molto più alti. Ma una cosa in particolare mi è saltata all’occhio: l’impegno del Comune nell’edilizia popolare. Il concetto di sovvenzionamento dell’edilizia residenziale sociale a Vienna, città “rossa” da sempre, risale all’inizio negli anni Venti del secolo scorso, ed è la ragione per cui quasi il 60% della sua popolazione abita in appartamenti sovvenzionati (lo strumento attaulmente in vigore consiste nei “Wohnfonds Wien”, Fondi Abitativi Viennesi, istituiti dal Comune nel 1984). In particolare, 220.000 dei quasi 1.7000.000 cittadini abitano in case popolari di proprietà pubblica. Un esempio famosissimo è quello del Karl Marx-Hof, (foto in alto) caso di scuola, che risale agli Anni 30, ma lo è anche la splendida Hundertwasserhaus, creazione del geniale pittore-architetto ecologista di cui porta il nome, che è della metà degli anni Ottanta (qui sotto).Infine, le case costruite o ristrutturate dal Comune sono innumerevoli, lo testimoniano le iscrizioni sulla facciate. Ne ho visti esempi a decine in distretti centralissimi come quelli tra il 3° e il 7°, che sono quelli che ho bazzicato di più, ma ne ho notati perfino nel 1°, il cuore della città all’interno del”Ring” (è tutt'altro che improbabile che il "cratere" della foto pubblicata ieri, scattata nella"Marxerstraße" proprio nel 3° distretto, venga "riempito" da un immobile del Comune o da esso sovvenzionato). Non si tratterà di capolavori dell’architettura, ma sono case dignitose, quelle moderne prevedono anche box, hanno canoni abbordabili. Quella della foto (in basso), ad esempio, è sulla Margaretenstraße, una delle arterie principali della città, cuore di uno dei quartieri più vivi ed eccentrici. Vienna all’inizio degli anni Settanta aveva gli stessi abitanti di Milano, 1.700.000. Nonostante il calo demografico (compensato dall’arrivo di immigrati, turchi e slavi in particolare, che la rendono una città multietnica senza particolari tensioni sociali) i residenti in 40 anni sono rimasti gli stessi, nel Comune di Milano sono diminuiti di un terzo (ora è sotto la soglia del 1.300.000). Dove pure una tradizione socialista esisteva, come a Vienna, e anche un Istituto delle case popolari che funzionava, fino agli anni Sessanta. Ora si buttano milioni di euro per un Expo inutile e votato al fallimento e di edilizia popolare, per non parlare di quella sovvenzionata, non ne è rimasta nemmeno l’ombra. E sto parlando di Milano, non del Sud. Col risultato di svuotare il centro della città, regalandolo alle attività commerciali o finanziarie, e facendolo morire, deportando i suoi vecchi abitanti nelle estreme periferie o nei Comuni della cintura, e obbligando le famiglie a diventare proprietarie, indebitandosi e rendendosi tassabili, di orripilanti case da “geometri” in centri squallidi e senz’anima. A Vienna le case popolari le hanno fatte costruire a un poeta: ecco la differenza.
Nessun commento:
Posta un commento