martedì 29 giugno 2010

Bol e la Punta d'oro, il plavac e i domenicani


Zlatni ratBOL, BRAZZA (DALMAZIA, CROAZIA) - Sotto il profilo balneare, Brazza è famosa per la spiaggia di Zlatni Rat (Punta d'oro), situata al termine della bella passeggiata a mare di Bol, sulla costa meridionale dell'isola. Si tratta di una lingua di terra formata da minuscoli ciottoli, che si potrebbero confondere con della sabbia di grana grossa, formata dal gioco delle correnti, che si protende nel mare assottigliandosi a forma di triangolo formando due spiagge ad arco, una di circa 460 metri aperta sul canale che separa Brazza da Lesina; l'altra, lievemente più corta e più protetta, a Est. Fino a un certo punto la penisola è coperta di pini, poi prosegue brulla e la sua punta cambia forma e direzione a seconda del vento. Un'altra particolarità è data dal fatto che, essendo comunque rialzata rispetto al livello del mare, capita che le condizioni del vento e dell'acqua siano completamente diverse da un versante all'altro, pur distando poche decine di metri. Bol è il principale centro turistico di Brazza e sorge a metà della sua costa meridionale, a una trentina di chilometri dal capoluogo Supetar, dove approdano i traghetti da Spalato, e a cui è collegata da un'ottima strada e frequenti bus. Si trova in posizione strategica per i collegamenti con Lesina, da cui la separa un braccio di mare e verso cui ogni giorno partono escursioni (ma senza trasporto auto) ed è tra i principali centri di windsurfdell'intera costiera dalmata, per le ideali condizioni di brezza lungo il canale tra le due isole. L'offerta di alloggi è composta prevalentemente da stanze e appartamenti in affitto, ma ci sono anche alcuni alberghi, concentrati alle spalle del lungomare che porta a Zlatni Rat, immersi nella pineta e per nulla appariscenti: un esempio di come si fa integrare delle costruzioni moderne nell'ambiente naturale, cosa che era in grado di fare la Jugoslavia di Tito ma non l'Italia democristiano-comunista del primo quarantennio postbellico, responsabile del sacco immobiliare, per non parlare di quella berlusconiana che le è subentrata e ha definitivamente sconciato il Paese.Monastero di GlavicaGrazioso il resto del paese, tipicamente dalmata con le sue case in pietra;  a metà, prima del porticciolo, la cooperativa vinicola fondata nel 1903: prodotto di punta il rosso Plavac, tipico dell'isola così come a Lesina, e all'altra estremità rispetto a Zlatni Rat, il convento domenicano di Glavica, fondato nel 1475,  la cui chiesa, la più antica dell'isola e risalente al XII secolo, vanta una pala d'altare, una Madonna con bambino intitolata Santa Maria delle Grazie, attribuita al Tintoretto (più probabilmente di scuola); annesso anche un piccolo ma in compenso interessante museo archeologico, ricco di anfore, incunaboli, libri e documenti vari e una nutrita collezione numismatica che ripercorre le varie dominazioni subite da Brazza, compresa quella russa, del tutto inusuale nell'Adriatico, per un paio d'anni all'inizio dell'Ottocento. Il pezzo forte del convento, però, rimane il giardino terrazzato che si affaccia sul mare, curatissimo, colmo di piante e fiori, con tanto di imbarcadero (sembra di essere in qualche angolo nascosto della Laguna veneziana). Funge anche da caffè-bar, e domenica, dopo la messa i frati, nei loro eleganti e candidi sai bianchi con cappuccio, erano lì a sorseggiare un calice di vino con i visitatori, fedeli e non, croati o stranieri. Un'oasi di pace, un angolo delizioso.Domenicano

sabato 26 giugno 2010

Da Brazza a Lesina, l'isola della lavanda


Lesina DuomoLESINA (DALMAZIA, CROAZIA) - Previsioni meteorologiche sbagliate e giornata a un primo giudizio poco felice per un'escursione a Lesina (Hvar in croato) e Palmisana, ma il cielo prevalentemente nuvoloso, la temperatura mite e una brezza corroborante sono state di giovamento perché c'è stato da scarpinare. A differenza di Supetar, che è divenuta capoluogo di Brazza soltanto al termine della dominazione della Serenissima (che aveva scelto Neresi come sede del governo, all'interno dell'sola, lontana dalle incursioni dei pirati e dalla zanzara anofele), conservandone scarse tracce, a Lesina l'impronta veneziana è nettissima, il Leone è piantato ovunque, e in piccolo la città ricorda Ragusa, ossia la magnifica Dubrovnik. Se il palazzo dei Rettori non esiste più, c'è invece l'arsenale, di dimensioni adatte alla costruzione di galee, sovrastato da quello che risulta essere il più antico teatro pubblico europeo, voluto dal nobiluomo Pietro Semitecolo all'inizio del 17° secolo. Splendida l'ampia piazza chiusa da un lato dalla cattedrale di Santo Stefano (foto in alto), costruita dopo l'invasione turca del 1571, e dall'altro dal porticciolo. Sul lato opposto all'arsenale, la loggia veneziana, oggi terrazza di un albergo, e un bel palazzo gotico. Da un'altura di circa cento metri, raggiungibile con una ripida scalinata che parte dalla piazza e seguita da qualche morbido tornante in mezzo a un parco, domina la città il castello, altrimenti detto Fortezza Spagnola (ignoro per quale motivo, poiché di iberici qui non se ne sono mai visti), da cui si gode uno splendido panorama che oltre alla città e alle isole che chiudono la baia giunge fino a Lissa e Curzola (foto sotto)Lesina panorama  JPGLesina, come dicevo nell'ultimo post, è l'isola della lavanda, importata dalla Provenza attorno al 1925 e che qui ha trovato il terreno e il clima ideale per riprodursi in quantità impressionati: nel secolo scorso, prima delle sciagurate guerre jugoslave, con una produzione che arrivava fino a 40/50  tonnellate di olio di lavanda (oggi stabilizzata sulle 20, il 90% destinato all'industria cosmetica, il 10 a quella medicinale) è stata letteralmente l'oro di Lesina, soprattutto per i paesi  poveri dell'interno che non potevano vivere di pesca e che non avevano terreni adatti alla produzione di vino e olio. Che sono gli altri due prodotti di punta dell'isola: celebre il prošek, che non ha nulla a che vedere col prosecco nostrano di Valdobbiadene, ottenuto dal vino fatto appassire sul tetto o sul pergolo, profumato e buono quanto raro. Da 100 chili di uva se ne ottengono dai 10 ai 15 litri che in teoria dovrebbero avere fra i 30 e i 35 gradi zuccherini; quello che si trova abitualmente in commercio ne ha mediamente 20 ed è mischiato con altro vino. Sempre sull'isola di Lesina, per le precisione a Sveta Nedjelja, è attiva l'azienda vinicola privata più grande e prestigiosa della Croazia, quella di Zlatan Plenković, che ha reso famosi il Plavac, rosso, e due bianchi, lo Zlatan e lo Zavala. Da notare che vengono utilizzati soltanto vitigni autoctoni dell'isola, che hanno resistito alla filossera alla fine del XIX secolo. Lavanda ovunque, quindi, per le strade di Lesina, in qualsiasi forma: dai sacchetti di fiori secchi, ai mazzi di infiorescenze, agli oli, alle essenze, ai mieli. E' una cittadina molto vivace, mondana, modaiola, anche civettuola, direi perfino un po' da "fighetta": oltre a essere ben collegata con Spalato e le altre isole della Dalmazia e ad Ancona dall'altro lato del mare, è dotata di un porto naturale ben protetto, che la rende una delle mete da diporto predilette di tutto l'Adriatico. Sull'isola, che contende a Veglia il titolo di più grande di questo mare ma che certamente è la più lunga coi suoi 68 chilometri, è doveroso tornarci perché in grado di riservare molte gradevoli sorprese. Intanto, per completare la gita, mi sono concesso un'occhiata e un tuffo sull'isola di Palmisana (foto in basso), mezz'ora di battello da Lesina, dotata di una marina molto ben organizzata e di due porti naturali ancora più protetti di quello del capoluogo, dove a far da protagonista non è la lavanda bensì il rosmarino: un profumo inebriante, seguito dal fico d'india.Palmisana

giovedì 24 giugno 2010

L'isola di marmo

Brazza exportBRAZZA (DALMAZIA, CROAZIA) - Tonificata da una brezza frizzante che a tratti porta effluvi di lavanda, quasi in fase di raccolta, provenienti dalla prospiciente isola di Lesina (Hvar per gli smemorati), l'estate è finalmente giunta anche a Brazza, in Dalmazia, l'isola delle cave, del vino, del formaggio e dell'olio. Fino al 1° luglio vigono prezzi di bassa stagione, e prevalgono vacanzieri provenienti dall'Europa centro-orientale: soprattutto polacchi, cechi e slovacchi, seguiti dagli ungheresi, ma ci sono anche ucraini, russi e baltici, mentre scarseggiano tedeschi e austriaci, che si fermano più a Nord. Sono presenti alcuni italiani, spagnoli e francesi in fuga delle costose e chiassose spiagge patrie, invase appunto dai sopraccitati "lingus", come li chiama un mio parente austro-tedesco per non far capire che parla di loro quando si dedica a una feroce e impietosa vivisezione antropologica del loro comportamento all'estero. Uno spettacolo, garantisco, gustosissimo. Mare pulito, e trasparente, clima e profumi mediterranei, rimane monotona e modesta l'offerta gastronomica lungo tutta la costiera mentre la comunicativa non è il lato forte del carattere dei croati, specialmente di quelli non indigeni della Dalmazia, che sono qui solo durante la stagione estiva per occuparsi dell'affitto degli appartamenti di loro proprietà o che ruotano attorno all'offerta turistica. La quale conserva tuttavia un suo tratto famigliare e ruspante che me la fa preferire di gran lunga a quella vorace, plastificata, caotica, latrocinante, cafona, spesso malavitosa, offerta nella terra dove un tempo fiorivano i limoni. Nell'isola del marmo, invece, crescono in abbondanza viti (che producono l'ottimo plavac, il miglior rosso dalmata, che fonde in sé i gli aromi di terra e mare), olivi, rosmarino e salvia, di cui si nutrono capre e pecore dal cui latte si producono formaggi dal sapore memorabile. E', quella delle cave di pietra bianca, insieme al turisimo, l'attività principale di Brazza, oggi come duemila anni fa: non per questo l'isola è deturpata dalla loro presenza, che è discreta anche se diffusa ovunque. Candida, immacolata: con essa furono eretti il magnifico palazzo dell'imperatore Diocleziano, a Spalato, e il mirabile duomo di San Giacomo di Sebenico, ma in epoche più recenti dal porticciolo di Splitska ha viaggiato anche più lontano: è stata utilizzata nella costruzione del teatro alla Scala di Milano, del Parlamento di Vienna, del Reichstag di Berlino e della Casa Bianca di Washington. Con un marmo simile, il palazzo simbolo dell'odierno potere imperiale, è rimasto di quel colore quasi abbagliante. Il contrasto del marmo bianchissimo col mare blu zaffiro e il verde dei pini e dei lecci non potrebbe essere più attraente.