lunedì 17 giugno 2019

Micragnicittà - L'appello di Mauro Lovisa


A Pordenone, come a Sacile, ci si fa un punto d'onore di essere un'isola linguistica rispetto al resto del Friuli (con alcune altre eccezioni come Palmanova, Grado e Marano, la Bisiacherìa e, ovviamente, la Venezia Giulia), dove si parla in meneghel, ossia veneto coloniale, anziché in marilenghe; in qualche modo delle zone defurlanizzate, ma il parziale fallimento dell'esperimento del crowfunding PN2020, a sostegno del Pordenone Calcio, in vista del centenario della società l'anno prossimo, che coincide peraltro con la prima stagione in Serie B, conferma l'appartenenza della cittadinanza, e soprattutto della sua classe imprenditoriale, alla furlanità almeno per un aspetto: il braccino corto, ossia la taccagneria, che viene generalmente associata a chi ha origine in questa regione. Per colmo dei colmi, bisogna pure ringraziare i tradizionali rivali udinesi per l'ospitalità che concederanno ai Ramarri allo Stadio Friuli per le partite interne del prossimo campionato, che per la mancanza di uno stadio adeguato (problema che esiste da decenni, così come quello di un'adeguata arena per manifestazioni di genere non soltanto sportivo di cui la regione è priva: l'occasione è unica per decidersi a farlo). Mauro Lovisa, l'imprenditore che da presidente ha portato il Pordenone Calcio dall'Eccellenza alla Serie B nell'arco di una dozzina d'anni, è stato lasciato sostanzialmente solo dal grosso della città e dai suoi colleghi in particolare, eppure nel capoluogo di soldi ne girano parecchi, come testimonia il numero di istituti bancari e le finanziarie operativi in città. Apprendere (oggi sul Messaggero Veneto) dall'immarcescibile Michelangelo Agrusti, presidente dell'Unione Industriali, che la sua associazione ha acquistato quote del progetto per ben 10 mila euro e che continuerà nell'opera di moral suasion nei confronti degli associati che finora hanno risposto picche, non lascia ben sperare. E fa temere che la città non si meriti né la squadra in B né un dirigente appassionato e competente come Mauro Lovisa, a cui lascio la parola. 


“Ci siamo. Il 19 giugno si concluderà l’esperienza di Pordenone 2020, il progetto di crowdfunding con cui abbiamo cercato di coinvolgere in modo innovativo il territorio. Tre giorni ancora, da lunedì a mercoledì, in cui mi auguro in tanti verranno al Centro De Marchi. La raccolta, comunque, raggiungerà i 2 milioni 200 mila euro, somma importante (e portante) per affrontare nel migliore dei modi la prossima storica stagione di serie B. Lo farà però, e bisogna dirlo chiaramente, grazie ai 'soliti': a chi c’è sempre stato e chi ci sarà sempre, dal tifoso che con grandi sforzi ha messo la quota minima a chi, a titolo personale, sostiene il Pordenone senza chiedere nulla in cambio, lontano dai riflettori. A chi è già, insomma, vicino alla proprietà, a chi realmente ha il neroverde a cuore e nel cuore. Lo dico chiaramente, senza giri di parole, e con grande rammarico: non è stata purtroppo colta l’opportunità, unica, di vestire a tutti gli effetti questa maglia, entrare nel club e contribuirne, non solo con risorse ma anche con idee, alla crescita della società. Un progetto, il nostro, non di Mauro Lovisa, ma di tutti: di Pordenone e di un territorio intero, per Pordenone e per un territorio intero. Le istituzioni e le associazioni di categoria ci hanno seguito, hanno tifato e tifano per noi: tanti, però, hanno parlato e basta, si sono fatti belli con il Pordenone e la serie B, e al momento di dimostrare attaccamento con i fatti si sono chiamati fuori. Hanno fatto spallucce. 3 mila persone allo stadio con la Giana, 3 mila persone in piazza: possibile che solo in 250 abbiano deciso di diventare soci? Una risposta troppo fredda da una città dal grande potenziale, e penso in particolare all’imprenditoria, che può e deve dare di più in termini di appartenenza e coinvolgimento. Non solo finanziario.
A questo territorio, a questi colori io e i miei soci abbiamo giurato fedeltà. Negli scorsi mesi, com’è noto, altre sirene avevano risuonato. E forte. Nuove sfide, non l’abbiamo mai nascosto: a livello economico erano più convenienti. Abbiamo detto no. Per chi si è fatto chilometri tutto l’anno per stare vicino alla squadra, per chi è sempre presente, per chi ha versato una quota attingendo magari dal salvadanaio, per chi è tornato a versarne un’altra, per chi si è fatto ambasciatore di tifo con parenti e amici. Rinunciando, insomma, a qualcosa (tempo e denaro) di proprio per investire nei nostri colori, i suoi colori. Pordenone – ci siamo detti io, la mia famiglia e i miei soci – meritava di proseguire questa splendida storia per queste persone. Una storia di cui tutti noi siamo protagonisti. Archiviato il crowdfunding, si aprono nuovi orizzonti: mantenere la serie B, strutturarci per un salto di qualità a 360 gradi, lavorare per il nuovo stadio, confermarsi con il Settore Giovanile ai vertici nazionali e organizzare le attività del Centenario. Noi siamo pronti, ma lo dobbiamo essere tutti! Ci sono dunque nuove sfide davanti, stavolta da vincere: la campagna abbonamenti e le presenze allo stadio, pur consapevoli delle difficoltà di giocare fuori casa, e il sostegno generale al nostro progetto ci diranno se abbiamo fatto bene, e se facciamo bene, a credere sempre e comunque in Pordenone”.

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