lunedì 14 gennaio 2019

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte


"Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte" di Simon Stephens, dal romanzo di Mark Haddon; traduzione di Emanuele Aldrovandi. Regia di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani; scene di Andrea Taddei; costumi e disegni di Ferdinando Bruni; maschere di Saverio Assumma; musiche originali di Teho Teardo; movimenti scenici di Riccardo Olvier e Chiara Ameglio; video di Francesco Frongia; luci di Nando Frigerio; suono di Giuseppe Marzoli. Con Elena Russo Arman, Daniele Fedeli, Corinna Agustoni, Cristina Crippa, Alice Rendini, Debora Zuin, Nicola Stravalaci, Davide Lorino, Marco Bonadei, Alessandro Mor. Coproduzione Teatro dell'Elfo e Teatro Stabile di Torino. Prima nazionale vista ieri al teatro Elfo/Puccini di Milano, dal 15 al 27 gennaio alò Teatro Stabile di Torino.

Continua felicemente la proposizione da parte del Teatro dell'Elfo nel nostro Paese della drammaturgia inglese contemporanea, in questo caso l'adattamento teatrale di Simon Stephens, di cui la compagnia milanese aveva già rappresentato con successo il convincente e intenso Harper Reagan tre stagioni fa, del romanzo di Mark Haddon a cui si attiene fedelmente e che racconta, in un intreccio di generi e linguaggi, le vicende di Christopher, interpretato con grande naturalezza ed efficacia dal giovane e talentuoso Daniele Fedeli, un quindicenne autistico che vive in una cittadina inglese da solo col padre, il quale, sulla scorta del suo idolo Sherlock Holmes, decide ci mettersi a investigare sulla misteriosa morte di Wellington, il cane di una vicina che ha trovato infilzato con un forcone. Pieno di fobie, con enormi problemi di comunicazione col prossimo, e pure convinto di essere orfano di madre da due anni, viene sostenuto nella sua ricerca soltanto da Siobhan, la sua insegnante, che nella versione teatrale è anche la voce narrante, affidata alla bravura di Elena Russo Arman, che lo invita a scrivere una sorta di diario di bordo su questa sua indagine, durante la quale scoprirà diverse altre cose, oltre all'assassino di Wellington: l'esistenza in vita di sua madre, in realtà fuggita con un altro uomo perché incapace di affrontare la diversità del figlio, per raggiungere la quale dovrà mettersi in viaggio verso Londra, affrontando per la prima volta un viaggio in treno da solo ma, soprattutto, una dopo l'altra le idiosincrasie e le fobie che lo affliggono e turbano: dai colori giallo e marrone, ad alcuni cibi, all'essere semplicemente toccato; all'incapacità di comprendere le metafore (e, in sostanza, di concepire l'ipocrisia e la falsità), all'interpretare le espressioni facciali delle persone; un percorso di formazione, insomma, che lo porta a entrare in contatto col prossimo e a superare, dopo aver risolto il caso del cane assassinato e recuperato in qualche modo il rapporto con la madre, anche un difficile esame di matematica, materia per cui è particolarmente versato perché dotato di una logica stringente e di una grande capacità di elaborare schemi e sequenze, e a intravvedere un futuro nel campo scientifico che lo porterà, chissà, a studiare le stelle e le galassie di cui è appassionato, insomma a trovare un suo spazio in un mondo, adulto e ostile, che gli è del tutto alieno e perlopiù incomprensibile. Una fiaba dolce-amara con un tocco noir; commistione di generi e linguaggi, s'era detto, che sono terreno fertile per gli Elfi: una effervescente prova di teatro totale, con andamento cinematografico, dove una scenografia essenziale viene vivificata dai movimenti degli oggetti da parte degli attori a creare i diversi spazi, e su tre pannelli scorrono via via le immagini e i testi illustrati da Ferdinando Bruni, il tutto accompagnato dalle delicate musiche di Teho Teardo, diretto con maestria da Bruni e De Capitani e portato in scena, e al successo, da un gruppo di interpreti di grande livello. Ultima recita a Milano, con un pienone: è stato necessario aggiungere dove possibile delle sedie "volanti" in sala. Applausi calorosi per uno spettacolo che merita. 

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