venerdì 18 gennaio 2019

La donna elettrica

"La donna elettrica" (Kona fer í strío) di Benedikt Erlingsson. Con Halldóra Geirharsdóttir, Jóhanna Sigurdarson, David Pó Jónsson, Magn'us Tryvason Eliasen, O'mar Gudjónsson, Juan Camillo Román Estrada e altri. Islanda, Francia, Ucraina 2018 ★★★★
Come fare un film ambientalista, parlando di questioni serie, anzi: dell'unica questione seria al giorno d'oggi, ossia della sopravvivenza del pianeta su cui viviamo e quindi del futuro dell'umanità, in maniera lieve, semplice, ironica e originale, in una parola divertente e pure efficace, senza tirarsela e senza ammorbare lo spettatore (vengono in mente i nostrani Troppa grazia e Lazzaro felice, e il paragone mostra in tutta evidenza la differenza di credibilità tra i "verdi" nostrani e quelli a Nord delle Alpi). Álla è una musicista e la direttrice di un coro in una città dell'Islanda, ma conduce anche una doppia vita: è un'ecoterrorista che, munita di arco e frecce, sabota i tralicci dell'energia elettrica mandando in black out lo stabilimento di una multinazionale siderurgica che avvelena il Paese e in tilt un governo e un'informazione  lobbyzzati che, come quasi tutti quelli che conosciamo, vendono queste attività perniciose come opportunità in nome di un presunto progresso che non si deve fermare né, tantomeno, mettere in discussione. Non è una sorta di Dottor Jekyll & Mister Hyde, ma una 49 enne sola, senza figli, energica e coerente, così come lo è, in altra forma, same same but different, verrebbe da dire, la sorella gemella Ása, interpretata sempre dalla bravissima Halldóra Geirharsdóttir, insegnante di yoga e in procinto di partire per un soggiorno di due anni in un ashram in India e vi rinuncia per favorire uno scambio di persona con Álla che, dopo essere stata a lungo braccata dalla polizia (che ripetutamente, in precedenza, se l'era presa con un pacifico cicloturista turista sudamericano), era stata finalmente arrestata a causa dell'introduzione di un test del DNA effettuato sui viaggiatori in partenza dall'aeroporto di Reykjavik: stava infatti per volare in Ucraina a prelevare Nika, una bimba di 4 anni orfana di guerra, perché nel frattempo, mentre si dedicava alla causa e dopo aver rivendicato gli attentati con un volantino firmandosi, come da titolo, La donna elettrica, le autorità avevano accolto una sua richiesta di adozione di qualche anno prima. Film al femminile, che parlando di maternità parla anche di figli e del loro futuro, motivo in più per un concreto impegno attuale in prima persona, è una fiaba ecologista spiritosa e bizzarra, con un tocco surreale e un contrappunto musicale (un trio di musicisti islandesi e un trio di coriste ucraine) per ogni passaggio significativo della storia che ricordano il miglior Kusturica, a cui fanno da sfondo i magnifici e maestosi panorami di questa magica isola vulcanica dell'Atlantico del Nord, per buona parte situata oltre il circolo polare artico: meno di 350 mila abitanti, ma sufficienti per produrre letteratura, musica, film e perfino una nazionale di calcio di ottimo livello e tanta coscienza civica e politica, basti pensare a come la popolazione è stata capace di sconfiggere la crisi del debito scatenatasi tra il 2008 e il 2011, rifiutandone la logica. Da vedere.  

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