mercoledì 7 novembre 2018

Italoargentinità - 2


"... quando apparve un signore anziano, che portava a spasso tre piccoli pechinesi chiamati Fede, Speranza e Carità. Mi salutò gentilmente, ma con un'aria triste, dicendomi che 'questo paese, cara signora, è nato sotto una cattiva stella. Dovevamo essere ispanici, come Messico, Cuba o Perú e invece ci siamo ridotti a essere una maldestra mescola di italiani emigrati con una frustrata vocazione britannica e ingredienti ebrei, arabi, francesi ed est europei'.
"Così disse e proprio così fu il mio dispiacere: il verbo ridursi era intollerabile, un insulto, ma lui fece un gesto con la mano e disse: 'Stia in silenzio e ascolti, perché questo è un sogno, non una discussione. E' stato colpa degli italiani se siamo diventato un popolo ibrido e nervoso, fatuo e pedante, intelligente ma dalla dignità precaria, poco prolisso ma allo stesso tempo casinista e sordo'
"Subito dopo se la prese con gli spagnoli, gli ebrei, gli arabi, i gallesi e gli irlandesi (britannici di seconda classe, li chiamò) e sentenziò: 'qui il problema è l'immigrazione. Questo popolo, cara signora, è come una mula, che nasce dall'incrocio tra un cavallo e un'asina, o tra un'asino e una giumenta. Cresce ma è sterile. Consuma ma non produce'. Io, naturalmente, ero indignata, ma lui non mi lasciava parlare. Mi ripugnava vedere che si trattava di uno spirito oligarchico. Era un fascio, si vedeva lontano un miglio; un razzista, lo Spirito dell'Argentinità. Ma anche così aveva qualcosa di commovente, e se devo dire la verità le gente sconcertata mi provoca sempre tenerezza". (Sogno riportato dallo Scemo di buona memoria, figlio di Pedro Domeniconelle e Laura Sanchez)

Da Sant'Uffizio della memoria di Mempo Giardinelli, 1991. Prima edizione italiana febbraio 2016, Eliot - Lit edizioni

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