domenica 4 novembre 2018

Disobedience

"Disobedience" di Sebastián Lelio. Con Rachel Weisz, Rachel McAdams, Alessandro Nivola, Cara Horgan, Mark Stobbart e altri. USA 2017 ★★★-
Si era già capito dai suoi film precedenti, Gloria e Una donna fantastica, che con Sebastián Lelio si va sul sicuro, e il giovane regista cileno si ripete con Disobedience, ambientato questa volta non nella natìa Santiago bensì a Londra, sempre comunque in un ambiente chiuso ai limiti della claustrofobia: quello della locale borghesia benestante nei primi due film e quello della comunità ebraica in questo ultimo lavoro; e oltre a confezionare un prodotto formalmente ineccepibile, conferma anche la capacità di azzeccare la scelta dei protagonisti, specie di quelli femminili: in questo caso le due Rachel, la Weisz anche co-produttrice del film, e la McAdams. La prima è Ronit, figlia del rabbino capo, da anni trasferitasi e New York dove lavora come fotografa rinomata, a cui giunge la notizia dell'improvvisa morte del padre, con cui aveva rotto i rapporti dopo che questi aveva scoperto il suo legame sentimentale con Esti (McAdams), l'amica dl cuore che, una volta sbarcata a Londra, scopre essersi sposata con Dovid, l'allievo prediletto del padre, di cui è successore in pectore. Viene ospitata proprio dalla coppia, e tra la veglia, le cene di famiglia, la visita della casa natale, che il padre di Ronit ha lasciato alla sinagoga anziché all'unica figlia, la preparazione alla celebrazione dell'addio, assistiamo al viaggio che la donna fa nella relazione con il padre, la famiglia e la comunità in cui viveva da emarginata per la sua diversità, alla disperata ricerca di tracce della consapevolezza da parte del padre che lei l'aveva amato, mentre al contempo la passione tra lei ed Esti cova sotto la cenere, mettendo in crisi d'identità entrambe, finché quest'ultima non scopre di essere incinta di Dovid, in seguito a uno dei rituali e penosi accoppiamenti a cui si sottopone malvolentieri ogni venerdì sera, come stabilito, alla vigilia dello shabbat. A questo punto si verificano due episodi che deviano la vicenda dalla piega che inesorabilmente sembrava destinata a prendere, e tornano alla mente le parole che il padre di Ronit aveva pronunciato nell'omelia durante la quale si schiantò a terra, colpito dal valore e che riguardava il libero arbitrio che lo distingue dalle altre creature, e che vengono rievocate da Dovid. E' proprio la libertà di scelta, che ha come corollario sia la responsabilità sia l'accettazione di questa stessa libertà, il tema vero del film, e non tanto (e non solo) una denuncia dell'ortodossia religiosa (in questo caso ebraica, ossia la capostipite delle tre religioni monoteiste). Ecco, semmai sono i suoi rituali, i suoi riflessi sui personaggi, la sua natura tetra e respingente a conferire alla pellicola degli aspetti che la rendono in parte sgradevole, lugubre e a tratti lenta, ma fanno parte del racconto e hanno una funzione che li rende necessari. In ogni caso, un film che merita di essere visto.

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