mercoledì 23 maggio 2018

Dogman

"Dogman" di Matteo Garrone. Con Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Francesco Acquaroli, Adamo Dionisi, Alida Baldari Calabria, Nunzia Schiano, Gianluca Gobbi e altri. Italia 2018 ★★★★½
Matteo Garrone non è un autore particolarmente prolifico, in compenso non sbaglia un film, e innanzitutto non sbaglia mai interpreti, e questo suo ultimo lavoro, che trae spunto da un noto fatto di cronaca della fine degli anni Ottanta, lo conferma: Marcello Fonte, che impersona il canaro, è appena stato premiato come miglior attore per una prestazione eccezionale a Cannes, ma non gli sono da meno gli altri, che semplicemente hanno ruoli non così centrali nell'economia del film ma per nulla secondari, perché è il contorno, fisico come umano, a dare l'imprinting alla pellicola, come sempre nel caso del regista romano, più che la storia in sé. Che a prescindere da qualsiasi altra considerazione, andrebbe vista non fosse altro che per la fotografia, magistrale. La vicenda che l'ha ispirata è il delitto, particolarmente efferato, del canaro della Magliana, avvenuto agli inizi del 1988 a Roma, trasposto al giorno d'oggi sul devastato Litorale Domizio che Garrone aveva già usato come sfondo per Gomorra e L'imbalsamatore, in particolare il Villaggio Coppola a Pinatamare e il Parco del Saraceno, nei dintorni di Castel Volturno: casi eclatanti dell'abusivismo edilizio che ha sfigurato tutta la zona. In un vasto piazzale decadente e a tratti diroccato che però conserva qualcosa di metafisico alla De Chirico, si racchiude tutta la vita di Marcello, un ometto mite che di mestiere fa il toelettatore per cani, con cui ha un rapporto speciale, come con la figlioletta Sofia, con la quale trascorre i rari momenti in cui l'ex moglie gliel'affida portandola a fare immersioni subacquee ad esplorare i fondali e la fauna marina. In una realtà degradata, tra una sala slot, una trattoria, un Compro Oro che ha la vetrina in fianco a lui, cerca e riesce a farsi benvolere da tutti, e svolge anche l'attività di piccolo spacciatore di cocaina: in particolare è il fornitore di Simoncino, l'ottimo ed irriconoscibile Edoardo Pesce, un ex pugile violento, paranoico e prepotente che è terrorizza tutto il paese e ne è detestato ma non da lui, e con cui Marcello ha un rapporto di dipendenza più psichica che fisica e che compiace al punto di accettare di subire un anno di reclusione al posto suo pur di non denunciarlo per una rapina che aveva fatto utilizzando proprio il negozio del canaro. Perfino quando esce dalla galera quest'ultimo rimane conciliante e si limita a chiedergli quantomeno un risarcimento, ma Simoncino non ci sente e, dopo l'ennesima violenza, questa volta anche fisica, da parte dell'energumeno, l'ometto si ribella escogitando una vendetta che è la più classica applicazione della legge del contrappasso. Fin qui la trama, a sommi capi, con la segnalazione che il film è molto meno cruento di quel che si possa immaginare, e che l'epilogo è in linea con quella fusione tra realtà cruda e aspetto onirico che caratterizza i lavori di Garrone. Però non è questo il punto essenziale, ma quanto e soprattutto il come il regista riesca a far fluire il racconto attraverso le immagini più ancora che per mezzo dei dialoghi. Un film eccellente, di cui raccomando la visione. 

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