giovedì 4 gennaio 2018

La dolce, inesorabile legge del contrappasso


Torno sul grottesco argomento accordo PD-Bonino e sull'aiuto offerto dal negoziatore Piero Fassino per la presentazione delle liste radicali, questa volta camuffate sotto un logo invero infelice quanto audace, coi tempi che corrono, come +Europa, dopo aver letto il gustoso editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di oggi, perché è davvero con un godimento profondo che uno della mia generazione vede accadere coi propri occhi qualcosa che, nei gloriosi anni Settanta e poi Ottanta, era quanto di più impensabile: un comunista fatto e finito, anzi: un vero residuato post bellico come Piero Fassino che non solo porge la mano, ma aiuta una radicale a raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni. Ovviamente non per bontà, ma per ottenerne a sua volta un aiuto che, per quanto piccolo e anche improbabile per un partito che in due sole occasioni aveva superato, di poco, il 3%, nel lontano 1979, è pur sempre qualcosa. Il che la dice lunga su come sia messo il partito renziano che fu, andando alle radici, comunista quanto democristiano, e su quanto sia terrorizzato di essere raso al suolo da una legge elettorale, il Rosatellum-fascistellum, partorita dai propri stessi lombi per fottere l'avversario più pericoloso, ossia il M5S che già alle passate politiche era il primo partito in Italia (rammento agli smemorati che il PD raggiunse la maggioranza relativa soltanto grazie ai voti degli italiani - si fa per dire - votanti all'estero): altra conferma dell'implacabilità della legge del contrappasso di cui al titolo. Ricordo i cazzotti che volavano immancabilmente tra pattuglie di coloriti radicali ed energumeni dei servizi d'ordine del PCI quando i discepoli di Pannella si piazzavano nottetempo davanti all'ingresso dei tribunali per depositare le liste radicali per primi in modo che comparissero in alto a sinistra sulle schede, posizione che i comunisti nostrani ritenevano loro per diritto acquisito e, chissà, forse anche divino ( i democristiani, considerando i loro elettori altrettanto imbecilli quanto i discendenti del Gran Partito di gramscitogliattilongoeberlinguer e quindi incapaci di distinguere i simboli, tagliavano la testa al toro arrivando per ultimi e ottenendo così sempre il posto in basso a destra, così che gli adepti non dovessero faticare a trovarlo a occhi chiusi), e ricordo pure come i radicali fossero i nemici più acerrimi dei compagni, fumo negli occhi ancor più dei fascisti, per certi versi, perché distraevano, a loro dire, il popolo dalle cose serie (ossia obbedire al partito e al sindacato ad esso collegato) e mettevano in discussione il dogma di quell'epoca ormai lontana, ossia il Compromesso Storico, perché avversavano la chiesa e la DC. Che li vedeva come altrettanto fumo negli occhi al punto da cadere nel tranello di proporre un referendum per abrogare la legge sul divorzio, la mitica Baslini-Fortuna, entrata in rigore dopo infinite battaglie nel 1970. Fu una fatica improba convincere il PCI a schierarsi per il NO, che alla fine trionfò nel memorabile maggio del 1974. Su una cosa i comunisti avevano ragione, ai tempi, riguardo ai radicali: che non si occupavano di economia, e quindi delle condizioni dei lavoratori. Verissimo, ma non perché non ci capissero niente o non si applicassero, ma perché, facendo sconfinare il libertarismo nel liberismo più sfrenato, avevano sposato sin da allora la legge del mercato come supremo regolatore di tutte le vicende umane. I loro nemici di allora e, forse, alleati di oggi, ci sono arrivati più tardi ma, con il tipico zelo dei neofiti, una volta conquistato il governo (da Prodi I in poi), li avrebbero perfino superati. A destra.

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