giovedì 2 novembre 2017

Nico, 1988

"Nico, 1988" di Susanna Nicchiarelli. Con Trine Dyrholm, John Gordon Sinclair, Anamaria Marinca, Thomas Trabacchi, Fabrizio Rongone, Karina Fernandez, Calvin Dembra, Sandor Funtek. Italia, Belgio 2017 ★★★★
Dopo aver visto questo film che racconta gli ultimi due anni di vista di Nico, al secolo Christa Päffgen, seguendola nella sua ultima tournée europea dopo la decisione di proporsi come solista, non apprezzo la celebrata sacerdotessa delle tenebre più di quanto facessi trent'anni fa, ossia per niente, però la capisco meglio e sono molto contento di essermi deciso ad affrontare un personaggio che mi è sempre risultato ostico fino al rifiuto perché Susanna Nicchiarelli, di cui avevo molto apprezzato l'esordio alla regia con Cosmonauta del 2009, si conferma un'autrice di grande valore e capace di rivolgersi a un pubblico più vasto di coloro che conoscevano e  apprezzavano Nico come artista a livello internazionale, perché il film è molto poco italiano. Il fatto che Susanna Nicchiarelli realizzi poche pellicole, in compenso di alto livello, è dovuto probabilmente al modo con cui le prepara, con grande approfondimento nella documentazione, accuratezza nello studio dei dettagli e instaurazione del rapporto con gli interpreti che sceglie con molto acume. Il film ci presenta Nico a 48 anni, nel 1986, quando si ristabilisce in Europa, scegliendo una città relativamente periferica come Manchester, reduce dagli ormai lontani fasti newyorkesi, quando era diventata donna-immagine della Factory di Andy Warhol e simbolo dei Velvet Underground, da questi alla fine mal sopportata per le sue velleità artistiche (a mio avviso piuttosto prive di sostanza) mentre a suo dire ne sarebbe stata emarginata, decisa a continuare da sola e ad esprimere la propria creatività lontana dall'icona costruita su di lei, come se fosse stato contro la sua volontà. Ora, dopo essere stata una modella famosa in tutto il mondo e avendo a che fare con il giro di Warhol ci sarebbe poco da stupirsi, e probabilmente viaggiava con la mente abbondantemente annebbiata da massicce dosi di eroina lontano dalla realtà per non accorgersi di essere parte di una sistematica manipolazione, che alla fine le dev'essere pur stata bene. Quando se ne rese conto, oltre a tornare in Europa, si presentò completamente diversa, coi capelli biondi tinti rigorosamente di funereo nero, ingrossata, vestita con quel che le capitava ma sempre di scuro ed emanando attorno a sé quell'aura di desolata disperazione che coltivava già da prima, se possibile accresciuta dai lugubri testi che ora scriveva in proprio e alimentata dai due grandi traumi della sua vita: l'infanzia sotto le bombe in Germania seguita da un dopoguerra da fame e il figlio Ari avuto con Alain Delon, mai riconosciuto dal padre (pur essendone il ritratto vivente) e sottrattole quando aveva 4 anni a causa della sua impossibilità di accudirlo adeguatamente. Ora: viene da dire che ci sono alcuni milioni di tedeschi che hanno subito, incolpevoli, gli stessi traumi di Nico per responsabilità dei padri senza che l'esperienza impedisse loro di guardare avanti e che alla nascita del figlio a 24 anni era già adulta e vaccinata, e dunque in grado di valutare le conseguenze della scelta di spostarsi negli USA privilegiando la carriera, e questo la Nico che racconta il film, basato su numerose testimonianze dirette, lo ammette senza reticenze e senza mai cadere nell'autocommiserazione e nel vittimismo. E' una donna dura e piena di contraddizioni, imprevedibile, non facile da affrontare e sopportare; che conserva tratti da diva con alti e bassi acuiti dalla dipendenza dalla droga, sbalestrata quanto conformista per altri aspetti, ed è così che la vediamo on the road su un pulmino di seconda mano in tournée in location decisamente defilate (c'è anche Anzio) e platee riempite a fatica da pochi ma devoti seguaci della principessa delle tenebre, come veniva definita, accompagnata da una band di giovani e inesperti musicisti e assistita amorevolmente dal suo manager-amico. Ancor più significative le tappe in alcuni Paesi dell'Est all'immediata vigilia della caduta del Muro, in Cecoslovacchia come nella Polonia in fermento, con esibizioni semiclandestine in cui a tratti aveva dato il suo meglio che, parlando della Nico cantante e musicista, quale era  convinta di essere, è molto relativo oltre che soggettivo. Al termine del faticoso tour, durante il quale aveva cercato di riannodare il rapporto col figlio, e col progetto di incidere un nuovo album, si concede con Ari una vacanza a Ibiza, nel luglio del 1988, durante la quale muore in seguito a una caduta dalla bicicletta causata da un'emorragia cerebrale mentre andava a cercare di banale hashish, ironia della sorte non per overdose come sarebbe stato scontatoStupefacente e che da sola vale il film l'interpretazione di Trine Dyrholm, che alle straordinarie doti di attrice aggiunge quelle di interprete, perché è lei che canta tutti i pezzi di Nico del film, e tutti molto meglio dell'originale, pur avendoli, a suo dire, cantati volutamente male, che non è cosa da poco. Bravi anche gli altri interpreti, a cominciare da John Gordon Sinclair, l'amico-ammiratoree-manager, ma soprattutto la regista, brava davvero.

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