domenica 15 gennaio 2017

E se elas fossem para Moscou?


"E se elas fossem para Moscou?" (E se andassimo a Mosca) da "Le tre sorelle" di Anton Cechov. Adattamento, sceneggiatura e regia dal vivo di Christiane Jatahi. Con Isabel Teixeira, Stella Rabello e Julia Bernat nonché, in video, Paul Camacho, Felipe Norkusand, Thiago Katona. Musiche di Domenico Lancellotti, direttore della fotografia e operatore dal vivo Paul Camacho, set desgn di Marcelo Lipiani, costumi di Antonio Madeiro e Tatiana Rodrigues. Produzione C.ia Vértice de Teatro in collaborazione con Le Centquatre-Paris, Theater Spectacle, Sesc.

Al PalaMostre di Udine
Era un'occasione da non perdere, l'unica replica prevista per questa rivisitazione del capolavoro di Cechov allestita per CSS/Teatro Contatto dalla regista brasiliana Christiane Jatahi, ed è valso la pena ignorare le avvisaglie di un incipiente stato influenzale, il quale non mi ha impedito di assistere a una rappresentazione sorprendente e coinvolgente come poche negli ultimi anni. Commistione tra teatro e cinema, si era detto in fase di presentazione di questo dramma in due atti, avevo letto: in realtà si tratta di due fasi speculari dello stesso spettacolo, col pubblico diviso in due gruppi che si danno il cambio assistendo prima, com'è capitato a me, alla proiezione su un telo che sostituisce il sipario del filmato di ciò che viene recitato nel palcoscenico dietro ad esso, e poi, da una gradinata  allestita in tubi innocenti, allo spettacolo teatrale vero e proprio, nella sua interezza e con tutti i laboriosi cambi di scenografia e spostamenti di pannelli e mobili, nonché le telecamere a mano in azione, in un rapporto di complicità e interazione con le tre magnifiche attrici. Jatahi conosce bene il mezzo cinematografico e la parte filmata (in diretta) e proiettata su un telo che è diaframma più immaginario che reale tra realtà e finzione le consente di scavare nel primi piani delle interpreti e cogliere particolari che acquisiscono un senso diverso quando, dall'altro lato, si assiste alla performance nella sua tridimensionalità tipicamente teatrale. Mosca, per le tre sorelle di Cechov, Olga, Maria e Irina, che si riuniscono nel giorno del ventesimo compleanno di quest'ultima, che è anche l'anniversario della morte del padre, è l'emblema dell'altrove possibile, del cambiamento, della vita nuova; trasposta la situazione al momento attuale, la domanda che la regista e le tre interpreti, che hanno attivamente collaborato alla drammaturgia e alla sceneggiatura si pongono e pongono allo spettatore, è cosa sia l'utopia e quale cambiamento, e in che termini sia possibile, interrogativo che rimane aperto dopo un confronto tra modi di vedere e aspirazioni diversi, nostalgie, traumi, riflessioni su sé stessi, tentativi frustrati. Lo spettacolo è in portoghese, sottotitolato in italiano, ma le tre attrici si sforzano di rendersi comprensibili usando anche termini italiani, inglesi e francesi e ci riescono benissimo, anche grazie alla loro comunicativa: non mancano alcuni riferimenti all'attualità brasiliana, e ho notato con disappunto che le sole parti non tradotte in italiano fossero proprio quelle che si denunciavano la presa di potere dell'attuale presidente Temer senza passare per le elezioni, dopo l'impeachment di Dilma Rousseff: cosa ormai abituale dal 1991 in qua anche in Italia, e forse a qualche solerte pidiota di casa nostra saranno fischiate le orecchie e ha preferito soprassedere... Se lo spettacolo è stata una maratona impegnativa per quanto piacevole per il pubblico (due volte 90 minuti di spettacolo e 45' di pausa) dev'essere stata massacrante per le interpreti, alle prese, oltre che col facchinaggio, anche con immersioni in acqua e libagioni varie, a dimostrazione che fare l'attore di teatro non è un mestiere per tutti, ma solo per i migliori e i più forti. E la dimostrazione, specie facendo seguire la parte "dal vero" a quella filmata, di quanto la dimensione teatrale sia assorbente rispetto a quella cinematografica, facendo perdere la dimensione del tempo, quasi azzerandola. Grande successo e applausi, meritati, a non finire. 

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