domenica 23 ottobre 2016

Neruda

"Neruda" di Pablo Larraín. Con Luís Gnecco, Gabriel García Bernal, Mercedes Morán, Diego Muñoz, Pablo Derqui e altri. Argentina, Cile, Spagna, Francia 2016 ★★★★★
Per curiosità, oltre che per corroborare le mie sensazioni ad contrarium, sono andato a leggermi la recensione che di Neruda ha fatto Goffredo Fofi su Internazionale, il quale di fatto stronca uno dei migliori film dell'ultimo biennio, che sta alla pari, pur differendone in tutto, dell'ultimo di Pablo Larraín, Il club. La prima argomentazione, se può chiamarsi tale, è la stessa con cui aveva "demolito" anche Il clan dell'argentino Trapero, ossia che il regista è "antipatico", e si commenta da sola; Larraín, inoltre, secondo Fofi, ha la colpa di appartenere a una famiglia "coinvolta nel potere fino al collo" e, a dargli retta, tenterebbe di emendare il proprio pinochettismo di fondo con abili provocazioni intellettuali in grado di incuriosire e sedurre il pubblico internazionale, né più e né meno di quanto aveva scritto a proposito di Yorgos Lanthimos, il regista greco di The Lobster, "il rappresentante esemplare di una leva di registi internazionali che si fanno strada nel loro paese, ma si affermano all’estero nel quadro delle multinazionali della comunicazione" e via farneticando, confermando che qualsiasi cosa non rientri nei precostituiti schemi mentali che sono l'armamentario dell'intellettuale organico eugubino, non essendo in grado di capirla, la disprezza. Lasciando l'attempato critico militonto ai suoi furori e alle sue ubbie e tornando a Neruda, la prima cosa che mi è venuta in mente è che si tratti di un gioco letterario che utilizza la forma di un finto biopic (dove però il falso si confonde col vero) che, a mio parere, trova i riferimenti da un lato in Borges e dall'altro in Bolaño, gloria argentina il primo e cileno (rifugiato in Messico dopo il golpe di Pinochet del 1973) il secondo, purtroppo prematuramente scomparso. Ed è tra questi due Paesi, lungo la Cordigliera andina dopo essere passato da Valparaíso, che si svolgono le tappe della clandestinità di Neruda, che davvero nel 1948 era un deputato comunista che finì per essere perseguitato e ricercato. Qui viene descritto in tutte le sue contraddizioni di uomo e di intellettuale, borghese per quanto di umili origini e al contempo rivoluzionario, vanesio e sotto sotto classista ma anche generoso, capace di toni alti e di trivialità, il tutto in un tono tra il serio e il caricaturale che finiscono per fondersi. A inseguirlo, un giovane e tenace poliziotto, un perfetto detecitve selvaggio, Pelochennau che, come l'uomo a cui dà la caccia, ha molte facce e si fa passare per quello che non è e che a sua volta ha sentimenti contrastanti nei confronti della sua preda, cui assomiglia per più di un aspetto e con cui  instaura un rapporto sempre più stretto e complesso, per cui il ruoli finiscono per ribaltarsi e l'inseguitore finisce per essere l'inseguito, intrappolato alla fine nella trama del suo autore. Tipico film dai molteplici livelli di lettura, raccontato dalla voce narrante di Pelochennau, Neruda completa la serie dei film che Larraín ha dedicato alla società e alla storia recente del suo Paese, ma sottintende una generale constatazione del fallimento sia della politica sia dell'arte nella loro pretesa di cambiare il mondo, per cui da raccontare non rimangono che le persone e le loro storie, e questo Larraín, alla guida della sua corte di fidati interpreti lo sa fare come pochi altri, con in più una padronanza in tutte le sue sfaccettature del mezzo cinematografico, dalla sceneggiatura, alla fotografia, all'ambientazione, alla colonna sonora semplicemente straordinaria. 

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