sabato 9 maggio 2015

Leviathan

"Leviathan" di Andrei Zvyagintsev. Con Aleksey Serebyakov, Elena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Roman Madyanov, Anna Ukolova, Aleksey Rozin, Sergey Pokhodaev, Kristina Pakarina, Igor Sergeyev e altri. Russia 2014 ★★★★
Premiato come miglior film straniero ai Golden Globe, nominato all'Oscar, premiato per la sceneggiatura a Cannes, Leviathan è un film potente che evoca metafore bibliche fin dal titolo: solido, talvolta anche troppo ma non greve, ha i suoi punti di forza nell'ambientazione in un paesaggio desolato, aspro, ai confini del mondo (siamo in un villaggio di pescatori sulla costa del Mare di Barents) e nella qualità degli interpreti, capaci di rendere palpitante e tesa una storia ben raccontata, lineare nonostante i molti riferimenti etici, religiosi, politici e filosofici. Osteggiato in patria, perché non mancano le allusioni alle storture del sistema di potere russo, il Leviatano che incombe su Kolia, il novello Giobbe personaggio centrale del film, non è solo lo Stato con le sue ramificazioni, ma il destino quasi inevitabile di qualsiasi uomo che osa ribellarsi contro gli abusi e le sopraffazioni di un potere, in tutte le sue forme (anche quello ecclesiastico) avido quanto banditesco e senza regole a qualsiasi latitudine. La casa e l'officina di Kolia, situate su un promontorio particolarmente panoramico, dove la sua famiglia vive da generazioni, viene espropriata con l'inganno dal sindaco intrallazzone ed affarista in vista di una colossale speculazione edilizia, cui dà man forte un potere giudiziario altrettanto corrotto, volutamente cieco di fronte alle sue malefatte perché complice. In aiuto di Kolia da Mosca arriva Dimitri, avvocato, suo ex compagno d'armi e amico fraterno, che ha messo assieme un dossier che inchioda il politicante: pur con una sentenza sfavorevole, sembra poter avere qualche possibilità di fargli pressione al fine di desistere, e tanto basta per tenere a freno Kolia, che già avrebbe voluto farsi giustizia da sé oppure andarsene, come auspicherebbe la sua nuova compagna Lylia (l'eccezionale Elena Lyadova). Ma non bastano le pressioni esterne: ci sono i conflitti col figlio adolescente Roman, rimasto orfano di madre e che non riesce a legare con la matrigna, nonché la scoperta di una relazione tra la stessa Lylia e Dimitri, che rientra a Mosca dopo essere stato pesantemente minacciato da sindaco e dai suoi sgherri. E ancora non è sufficiente, perché Kolia viene perfino incolpato della morte di Lylia, che in realtà si è suicidata buttandosi da una scogliera, ma nessuno può testimoniare a discarico del marito che si vede alla fine condannato a 15 anni di prigione, incastrato da un meccanismo contro cui non ha alcuna possibilità di difesa: nessuna restituzione dei beni e loro raddoppio, come per il biblico Giobbe, ma espiazione di una pena per colpe che non ha. Non un film facile, ma vivo, di grande realismo e suggestione, ben strutturato, ben fatto, convincente. E consigliato.

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