venerdì 21 febbraio 2014

Opzione Kiev

La violenza esiste ed è un'opzione sempre a rapida portata di mano. Di pronto utilizzo. Vogliamo parlarne?

2 commenti:

  1. Perché no?
    Butto lì un paio di dettagli che l'opzione invocata dal rivoluzionario standard (e ce ne sono a chili, fra i sovranisti dell'ultim'ora del "torniamo alla lira") spesso trascura:
    1. l'industria bellica adora la violenza, è il suo core business. Più armi, più guadagni. Ogni misera pallottola contribuisce all'aumento dei dividendi agli azionisti (agli operai che "c'ho famiglia", nemmeno un centesimo in più, a loro basta il "posto di lavoro")
    2. l'industria diplomatica (sì, oggi le diplomazie si guadagnano il pane dicendo la loro sui conflitti armati e cercando di portare a casa commesse per il proprio paese) campa sul sangue altrui. Non scoppiassero "focolai" a rischio, avrebbero poco da fare. Infatti, poco nulla si affannano per imporre "democrazia" e "diritti umani" in certe guerricciole africane dimenticate da dio e dalla diplomazia internazionale. Lì, lasciano il campo agli affari bellici, che anche chi produce gas o bombette a mano c'ha famiglia.
    Finché l'operaio non arriverà a comprendere che la sua scelta di lavorare per l'industria bellica, cioè di prestare le sue mani per produrre armi che uccidono sempre qualcun altro, prima o poi arriverà ad ammazzare anche lui, non vi è nessun'altra opzione sul campo che la violenza.
    Se produci armi, poi le vuoi vendere.
    Se le vendi, prima o poi qualcuno troverà più facile usare quelle che mettersi a cercare mediazioni.
    Senza mediazioni, prima o poi, ci troveremo tutti.
    C'è un Marchionne per tutti alla fine delle filiera produttiva.
    O lo licenzi nella tua testa, o finirai per diventarne complice.

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  2. Proprio così. E' nella scatola cranica il luogo della rivoluzione, non in piazza Maidan, ne in piazza Tahrir e nemmeno in Tien An Men. Figurarsi in Piazza San Giovanni, magari il Primo Maggio...

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