martedì 1 ottobre 2013

The Grandmaster

"The Grandmaster" (Yi Dai Zong Shi) di Wong Kar-wai. Con Tony Leung, Ziyi Zhang, Chen Chang, Xingxiang Wang, Tielong Shang e altri. Cina, Hong Kong 2013 ★★★¾
Si tratta di un film sul kung fu e non di un film di kung fu, e potrà parzialmente deludere i fan del genere; più precisamente è la biografia romanzata di Ip Man, celebre maestro di arti marziali di cui fu allievo Bruce Lee, magistralmente interpretato da Tony Leung. Non che le arti marziali siano semplicemente un pretesto, perché hanno una parte importante nel racconto, che si dipana per un ventennio con sullo sfondo le vicende cinesi tra la metà degli anni Trenta e i Cinquanta e al centro l'amore platonico tra Ip Man e Gong Er, figlia del Grande Maestro Gong Baosen, fuggito dal NordEst della Cina, invasa dai giapponesi, a Fo Shan, dove sceglie il suo successore durante una cerimonia di addio, Ip Man, per l'appunto. Che lo batte durante il combattimento decisivo ma viene a sua volta sconfitto (a causa della sua garbatissima galanteria?) da Gong Er, la brava e bellissima Ziyi Zhang, che dal padre ha imparato una tecnica letale, ma non potrà succedergli perché le arti marziali sono interdette alle donne: diventerà medico. Ip Man proviene da una ricca famiglia di commercianti, è un ottimo padre di famiglia e persona retta, perde però tutto durante la guerra, che raggiunge anche il Sud, insieme alle armate giapponesi e al governo fantoccio che si rifiuta di servire. I due si stimano, ammirano e continueranno a rimanere in contatto; dopo varie vicissitudini, compresa le conseguenze della Lunga Marcia che nel 1949 portò al potere i comunisti, si ritrovano in una casa di tè a Hong Kong nel 1953, dove Gong Er ha aperto uno studio medico e Ip Man la sua celebre scuola di arti marziali, occasione in cui il loro amore troverà finalmente le parole per esprimersi ma sarà troppo tardi per realizzarsi. Se vogliamo un feuilleton (ma non solo), però di gran classe e dove si amalgamano con un accattivante equilibrio generi diversi, che danno come risultato una narrazione fluida, coinvolgente, a tratti emozionante,in cui le mosse di kung fu diventano passo di danza e la disciplina si esprime come una vera e propria forma d'arte. Affascinante l'attenta ricostruzione ambientale - la pellicola è completamente girata in interni -, perfette la fotografia e l'uso delle luci, accattivante la colonna sonora ed eccellenti tutti gli interpreti. A conferma che dall'Estremo Oriente arrivano pellicole interessanti che, pur non essendo capolavori e senza la pretesa di esserlo, garantiscono però intrattenimento di alto livello e tecnicamente non hanno nulla da invidiare alle produzioni holliwoodiane, spesso mera paccottiglia ridicola, con sceneggiature raffazzonate e attori pompati a dismisura quanto scarsamente credibili. 

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