sabato 27 luglio 2013

Ten Years Later... smoke free

Quello in immagine è il biglietto intonso, ossia non utilizzato, del concerto che i Rolling Stones tennero esattamente 10 anni fa nella spianata del Parco Letná, a Praga. Lo conservo a eterno monito, assieme a uno Zippo perfettamente funzionante, da allora, perché si tratta del giorno in cui ho smesso di fumare. Lo facevo, regolarmente, da 34 anni, ossia dall'età di 14, passando dalle prime Camel senza filtro fumate di nascosto con mio cugino Ado (facevano deliziosamente girare la testa: erano psichedeliche), alle Muratti, rigorosamente svizzere e quindi di contrabbando, le orride Colombo (leggermente meglio delle Stop che fumava mia madre, una vera ciminiera: credo che le comprasse apposta perché sapeva che mi facevano schifo, così non correva il rischio che gliele fregassi), quando potevo permettermele naturalmente le Marlboro, le Winston, le Gauloises, raramente le Gitanes Papier Mais, allora introvabili in Italia, le Kent. Le mie preferite in assoluto erano le inglesi Players n° 5. Detestavo le Mercedes, le HB, le Peter Stuyvesant, le Astor: sigarette da crucchi. C'è stata la lunga stagione delle MS, messe sul mercato nel 1969, l'anno dell'Autunno Caldo e della bomba di Piazza Fontana, diventate immediatamente le sigarette più vendute in Italia. Con il servizio militare, svolto tra il 1979 e il 1980, ero stabilmente passato al consumo di un pacchetto e mezzo al giorno, che diventavano spesso due una volta entrato a lavorare al CorSera: i meandri di Via Solferino erano invasi dal fumo di migliaia di "svapore", di giorno e soprattutto di notte. Da allora, tra l'abitudine e le incazzature di varia origine che stimolavano o giustificavano il consumo, e il fatto di vivere in una città come Milano così inquinata che inalare nicotina e tabacco era la cosa meno tossica da fare, ho perso il controllo, arrivando al punto di accendermene due alla volta, entrare sotto la doccia con la sigaretta accesa, trovarmela tra le mani anche quando lavavo i piatti (e bestemmiando quando si bagnava), fino al grande classico di addormentarmi con la sigaretta accesa, rischiando di finire arrosto (per fortuna il materasso era antifiamma, ma il puzzo ce l'ho ancora nelle narici e il segno di un'ustione come ricordo su un avambraccio). Ma torniamo al concerto degli Stones pagato ma non usufruito quel 27 luglio di dieci anni fa: peraltro in occasione del 60° compleanno di Mick Jagger, adeguatamente festeggiato con un grande party  il giorno precedente, il 26, sempre nella capitale ceca. Il motivo fu un improvviso ricovero in ospedale a causa di un collasso le sera prima, dovuto alla mia pirlaggine con la fattiva collaborazione del mio medico di fiducia. E' stata, quella del 2003, l'estate più calda che io ricordi, così come quello del 1985 l'inverno più freddo, e già da giorni, forse per allenarmi in vista della gita in Boemia, ci stavo dando dentro con la birra; e, va da sé, con le sigarette, che così bene si accompagnano alle bevute. Si dà il caso che, pur avendo sempre avuto la pressione sanguigna più che normale, e semmai tendente al basso, negli ultimi tempi si erano alzati i valori di quella minima, e il mio medico aveva pensato bene di farmeli abbassare con un medicinale che, però, conteneva anche del diuretico. Il risultato furono un paio di giorni di spossatezza micidiale, acuita da una temperatura che costantemente superava i 35 °C, culminati con un ricovero al pronto soccorso la sera del 26 con i sali minerali praticamente a zero, in compenso col tasso alcolemico ben oltre i limiti da ritiro immediato di patente: ma fortunatamente giacevo svenuto al suolo a casa, e non accasciato sul volante di un automezzo, sul quale avrei dovuto montare alcune ore dopo per essere, puntuale, a Praga all'ora di apertura dei cancelli del Letná Plañ. Da lì alcuni giorni di ricovero, tanto per fare un check up completo (cose che oggi si possono sognare, ché quando va bene si fa tutto ambulatorialmente e per concederti un letto devi essere proprio impossibilitato a muoverti o vicino al decesso) e, di conseguenza, senza fumo (la legge Sirchia che introdusse il divieto assoluto nei luoghi aperti al pubblico era del gennaio di quello stesso anno). Una volta tornato a casa, e messo in ramadan anche per quanto riguardava l'assunzione di alcol, e visto che ero rimasto senza fumare già per quattro giorni senza patirne, andavo chiedendomi se non fosse il caso di riprovare a smettere del tutto: ben conscio che, a causa della mia compulsività, una riduzione delle dosi sarebbe stata impraticabile, perché già avevo esperito un tentativo radicale 5 anni prima, durato 4 mesi e andato in... fumo al momento della separazione dalla mia ex moglie, ma forse questa sarebbe stata la volta buona, messo a stecchetto com'ero comunque per un po'. Ma la molla decisiva furono il rifiuto di cominciare a prendere betabloccanti per tenere sotto controllo la pressione e impasticcarmi a vita, come se non bastassero i medicinali che mi tocca prendere per ridurre l'attività tiroidea (grazie, Chernobyl!) e la reazione orgogliosa alle parole del mio medico che, alle mie mie dichiarate intenzioni di provare a smettere di fumare prima di cominciare a prendere altre pillole, mi rispose che non ci sarei riuscito senza ricorrere  alle "Nicorette" o suoi succedanei nicotinici, perché la sola volontà, in un caso di tossicità ormai cronica come il mio, non sarebbe bastata. Le due settimane successive, in giro per Germania e Paesi Bassi, furono una tortura, sia per la voglia di fumare, sia per la birra che mi era interdetta e scorreva a fiumi in quei luoghi pubblici dove, a differenza che in Italia, il divieto di fumo non era in vigore, ma la soddisfazione fu grande quando una mattina, ad Aquisgrana, entrai in una farmacia per misurami la pressione e il responso fu un rassicurante 70/105, risultato ottenuto senza betabloccanti ma soltanto evitando le sigarette. Le pillole finirono nel cassonetto di raccolta dei medicinali scaduti e mai più utilizzate, ma i quattro mesi successivi furono ancora più infernali: facevo sogni ossessivi e terribilmente realistici in cui mi vedevo fumare, perfino di farlo "di nascosto da me stesso" e dubitare, al risveglio, di averlo fatto per davvero (ma i cinque pacchetti di Marlboro rosse sopravvissuti erano sempre lì, integri); per strada, quando fiutavo profumo di tabacco, seguivo la scia come un cane quella del tartufo, e ancora oggi devo dire che l'odore del tabacco mi piace. Con l'inizio dell'anno successivo mi premiai con un viaggio in Argentina: il volo per Buenos Aires me lo pagai coi soldi risparmiati dal tabaccaio: avevo aperto un conto corrente postale apposta, e sono andato avanti a versare la "quota fumo" per anni finanziandomi così parecchi altri viaggi "sfiziosi", come si usa dire oggi, che hanno ampiamente compensato la voglia di fumare che, nel giro di un anno, è completamente venuta meno, anche gestualmente (è stato questo, alla fine, l'aspetto più difficile). Ora sono passati dieci anni, e ce ne vorranno ancora un bel po' perché, sommati ai primi 14 della mia esistenza, la mia fase smoke free possa eguagliare la durata della mia gloriosa carriera da fumatore. E francamente non me la prefiggo come meta né mi sentirei particolarmente gratificato, al di là del fatto che significherebbe aver raggiunto quasi gli 80 anni, e non mi autocrocifiggerei se ricadessi in tentazione: da un pezzo avevo perso il vero piacere del fumo. L'unica cosa di cui sono orgoglioso, questo sì, è di non essere diventato un petulante, maniacale, ridicolo talebano antitabagista come la stragrande maggioranza degli ex fumatori. E questa è la storia del biglietto vergine del concerto dei 60 anni di Sir Mick Jagger.

2 commenti:

  1. credevo che anche il mio buon esempio ti fosse servito, visto che, se son stato capace di smettere io (e son 26 anni ormai ), possono farcela tutti.
    il segretario

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  2. Ma è notorio che tu sia sempre stato il mio guru...

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