sabato 13 aprile 2013

La città ideale

"La città ideale" di Luigi Lo Cascio. Con Luigi Lo Cascio, Catrinel Marlon, Luigi Maria Burruano, Massimo Foschi, Alfonso Santagata, Aida Burruano. Roberto Herlitzka, Manuel Zicarelli. Italia 2012 ★★★
E' un intenso noir "metafisico" e allo stesso un film di coerente impegno civile quello che segna l'esordio alla regia di Luigi Lo Cascio, ex giovane attore tra i migliori della sua generazione, che si conferma nella sua maturità anche come autore, e centellina le sue apparizioni sul grande schermo rifiutandosi di seguire l'onda. Metafisico perché mi hanno richiamato alla mente le atmosfere che sapevano creare Borges e Bioy Casares, due geni del fantastico-poliziesco, genere che notoriamente si presta sia all'esercizio mentale sia a descrivere i vizi e storture delle società in cui si svolgono, descrivendole spesso con più efficacia e immediatezza di un saggio antropo-sociologico. Ed è quello che fa questo bel film, ambientato a Siena: quella in cui si è trasferito l'architetto palermitano Michele Grassadonia, interpretato da Lo Cascio, che la ritiene la "città ideale" (anche perché vi ha sede il Monte dei Paschi, che ha generosamente finanziato il film: una delle più lodevoli iniziative recenti della nobile banca decaduta), un personaggio eccentrico, ambientalista integralista che per la sua pignola e quasi ossessiva osservanza delle regole si rende inviso perfino ai suoi collaboratori. Questa maniacale osservanza delle regole la applica anche a sé stesso e lo precipita in un incubo giudiziario degno del "Processo" di Kafka quando in una notte di pioggia battente ha un lieve incidente d'auto urtando contro un altro automezzo e forse contro un oggetto sconosciuto e successivamente, dopo qualche chilometro, rinviene un corpo in mezzo alla strada, scopre che si tratta di un uomo (un maggiorente della città) che respira ancora e dà l'allarme. Da questo momento in poi, da salvatore diventa indagato e infine accusato di omicidio, cadendo nella trappola di una giustizia solo formale che non è alla ricerca della verità ma di un'interpretazione verosimile e di una "soluzione", qualunque essa sia, che stia in piedi adeguandosi a degli schemi puramente astratti; ma sperimenta anche l'ipocrisia e il cinismo dei vari ambienti con cui entra in contatto, a cominciare da quello dei suoi colleghi, della cui vendetta diviene oggetto, per finire alla logica dell'"inciucio" che caratterizza la gestione di ogni potere. E', alla fine, una storia di emarginazione e di incomprensione del "diverso" (non solo Michele, ma anche quella che  diventerà l'inquilina dell'appartamento che, per mancanza di fondi, sarà costretto ad affittare) rispetto alla mentalità di compromesso dominante, che si chiude con una magistrale "lezione di vita" (e di furbesco e cinico adattamento alla "realtà" da parte dell'avvocato in odor di mafia attivo nella natìa Palermo a cui lo convince di rivolgersi la madre di Michele, personaggi questi interpretati dai due Burruano, grandissimi attori così come Santagata (il procuratore) e Foschi (l'avvocato dei VIP senese) che accompagnano degnamente Lo Cascio in questa avventura: sia mai che il cinema italiano abbia trovato un erede di Francesco Rosi...

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