martedì 9 aprile 2013

C'è del metodo nell'idiozia

Mentre l'Italia è sempre più allo stremo, la nave dei folli, su cui si è imbarcata l'intera classe politica, dalle cariatidi che sono sulla scena dal dopoguerra ai neofiti pentastellati, prende il largo col vento in poppa per portarci inevitabilmente, più prima che poi, al naufragio definitivo. A un mese e mezzo dalle elezioni per le nuove camere, queste sono tutt'ora paralizzate senza che siano in grado di nominare nemmeno le loro commissioni (non perché qualche legge o regolamento lo impedisca, ma perché non ve n'è la volontà), col risultato che le uniche istituzioni che funzionano in quella che fino a prova contraria è ancora una repubblica parlamentare sono un capo dello Stato in scadenza di mandato che stravolge quotidianamente lo spirito e la lettera della  Costituzione quando non vi attenta, e un governo sfiduciato prima dal proprio azionista di maggioranza, il PDL, e poi dal 90% degli elettori. Nel frattempo, il segretario del partito che NON ha vinto le elezioni ma si ritrova con il maggior numero di eletti in entrambi i rami del parlamento grazie a una legge truffaldina e che teoricamente sarebbe tuttora incaricato di formare un nuovo governo, si dedica agli incontri con il capo del partito che sicuramente esce sconfitto dal voto di febbraio, uscendone quasi dimezzato, e che una parte del suo stesso partito, il PD, a cominciare dal capogruppo al Senato, Zanda, ritiene ineleggibile. Il confronto, inizialmente in programma per giovedì o venerdì, si è tenuto invece anticipatamente quest'oggi, è durato un'ora, e ha riguardato "il metodo per arrivare alla scelta del presidente della Repubblica": queste le parole di Bersani. Ma di quale metodo va cianciando costui? Non occorre alcun metodo: è tutto previsto dall'articolo 83 e seguenti della carta costituzionale, chi pensa di prendere per i fondelli? Lo scopo è un accordo su un nome condiviso, in cambio dell'appoggio a  quel governo di larghe intese o solidarietà nazionale che dir si voglia a cui lavora infaticabilmente il golpista Napolitano su ordine dei suoi mandanti "europei", un esecutivo che continui l'opera nefasta di occupazione di ciò che rimane dallo Stato da parte dei partiti da un lato e di disgregazione del tessuto sociale del Paese dall'altro. Come ciliegina su questa torta indigesta, il partito di maggioranza relativa non trova niente di meglio che indire per sabato prossimo, "in un quartiere della periferia romana" non meglio precisato, una delirante manifestazione "contro la povertà, per un governo di cambiamento", con intervento del segretario nazionale del PD, per l'appunto Pier Luigi Bersani. Che, se gli italiani non fossero ormai rassegnati, meriterebbe di riceverebbe l'accoglienza che che aveva avuto il suo allora compagno di partito Luciano Lama il 17 febbraio del 1977, quando la Grande CGIL cercò di occupare, manu militari, l'Università "La Sapienza" sempre nella capitale. Questi "inciuciano" a più non posso da più vent'anni a questa parte, appoggiano tuttora il governo che più di ogni altro ha divelto lo Stato Sociale e manifestano contro la povertà che hanno contribuito a creare per primi? Magari proponendo come rimedio, come già 40 anni fa, l'austerità, ma solo per chi già si è visto derubare tutto, dai diritti, al lavoro, magari a un tetto, alla dignità? Per forza si finisce per dare, almeno in parte, ragione a Grillo che, anche oggi, parla di un colpo di Stato in corso da anni per delegittimare ed esautorare il Parlamento e sostituirlo coi partiti. Sbaglia a evocare i colonnelli greci: se i militari nostrani non fossero dei pagliacci come i politicanti di cui sono gli ossequianti servi e protettori e da cui derivano le prebende, e avessero, come nel Portogallo del 1974, il polso della situazione reale, questa classe politica l'avrebbero già destituita e messa in condizione di non nuocere da un pezzo. In un Paese con delle Forze Armate più serie e al servizio dei cittadini forse non risulterebbe così strampalata l'ipotesi che tempo fa evocava Alberto Asor Rosa...

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