sabato 11 agosto 2012

Il PIL dei pirla e quello secondo Bob Kennedy

Mentre i dati ufficiali diramati dall'ISTAT confermano che l'Italia è in piena recessione, con il PIL in calo del quarto trimestre consecutivo, -2,5% rispetto al secondo trimestre del 2011, quest'oggi il "Fatto Quotidiano" opportunamente ripubblica il discorso che Robert Kennedy tenne Il 18 marzo del 1968 all'Università del Kansas, in cui evidenziava l'inadeguatezza del PIL come indicatore del benessere. Tre mesi dopo veniva assassinato. Il discorso è ancora assolutamente attuale, così come la necessità di uscire dalla logica di misurare ogni cosa sulla base alla produzione di beni e servizi nel nome di una crescita esponenziale quanto demenziale,  per la semplice ragione che è impossibile all'infinito. Da noi un partito che si chiama "democratico" come quello a cui apparteneva Robert Kennedy, e che se ne riempie all'occasione la bocca, ne ignora il pensiero, come del resto altri presidenti "democratici" come Carter e Clinton per non parlare dell'attuale venditore di fumo Barack Obama. Rileggere quanto diceva 44 anni è salutare: una boccata d'aria. Se non l'avessero eliminato, e fosse stato eletto presidente, oggi il mondo sarebbe probabilmente diverso. 

Come popolo... come popolo siamo abbastanza forti; siamo coraggiosi abbastanza da affrontare la verità su come stiamo. Questo paese necessita di onestà e sincerità nella vita politica e dal Presidente degli Stati Uniti. Ma non voglio competere per la presidenza, non voglio che l'America faccia la critica scelta di direzione e leadership quest'anno, senza che si confronti con quella verità. Non voglio ottenere il supporto dei voti nascondendo la condizione dell'America con false speranze o illusioni. Io voglio che noi si scopra le promesse del futuro, ciò che possiamo ottenere qui negli Stati Uniti, ciò per cui questo paese deve agire e ciò che ci si attende da noi negli anni a venire. E voglio anche che noi si conosca e si esamini dove abbiamo sbagliato. Voglio che tutti noi, giovani e vecchi, abbiamo una chance di costruire un paese migliore e mutare la direzione degli Stati Uniti d'America.
La paralisi e la rabbia
Stamattina ho parlato della guerra del Vietnam, e ne parlerò brevemente fra poco. Ma c'è molto di più, in questo critico anno elettorale, della guerra nel Vietnam. È, alla radice, la radice di tutto, l'anima nazionale degli Stati Uniti d'America. Il Presidente la chiama “inquietudine”. I nostri ministri ci dicono che l'America è sprofondata in una malattia dello spirito: scarsa iniziativa, paralisi della volontà e azione, divisione degli americani l'uno dall'altro, per via delle loro età, punti di vista, e colore della loro pelle, e non penso dobbiamo accettare questo negli Stati Uniti d'America. Dimostranti protestano contro i rappresentanti del governo e il governo risponde arrestando i dimostranti. Anarchici minacciano di bruciare il paese, e alcuni hanno cominciato a provarci, mentre carriarmati pattugliano le strade americane e mitragliatrici hanno sparato a bambini americani. (...) Tutto attorno a noi, tutto attorno noi non solo la questione del Vietnam, non solo la questione dellecittà,nonsololaquestionedellapovertà, non solo i problemi delle relazioni tra razze, ma tutto attorno noi – ed è la ragione per cui voi siete così preoccupati e perché voi siete così angustiati – il fatto è che gli uomini hanno perso la fiducia in se stessi, l'uno nell'altro. (...) E se sembriamo senza il potere di fermare questa crescente divisione fra Americani, ci sono ancora milioni che vivono in invisibili luoghi i cui nomi e le cui facce sono completamente ignoti.
I bimbi del Mississippi
Ma io ho visto questi altri Americani. Ho visto bambini nel Mississippi, qui negli Stati Uniti, paese con un Pil di 800 miliardi di dollari, ho visto bambini nell'area del Delta del Mississippi con pance rigonfie, le facce ricoperte di rughe da inedia, e non abbiamo una politica tale per procurare abbastanza cibo da farli sopravvivere, affinché i loro bambini, le loro vite, non vengano annientati. (...) Ho visto Indiani vivere nelle loro spoglie e misere riserve senza lavoro, con un tasso di disoccupazione dell'80 per cento, e con una così scarsa speranza nel futuro – una così ridotta speranza per il futuro dei giovani – che per giovani uomini e donne minorenni la maggior causa di morte è il suicidio. Essi terminano la loro vita sparandosi. (...) Competo per la presidenza perché ho visto gli orgogliosi uomini delle colline dell'Appalachia, desiderosi solo di lavorare nella dignità, non poterlo fare, perché le miniere sono chiuse e il loro lavoro se n'è andato con esse, senza che l'industria, i sindacati o il governo se ne curino abbastanza per aiutare. (...) Ho visto persone del ghetto nero, ascoltare sempre maggiori promesse di eguaglianza e di giustizia, mentre sedevano nelle stesse scuole fatiscenti e ammucchiati nelle stesse schifose aule, senza riscaldamento, guardarsi dal freddo e dai ratti. (...)
Armi sì, gioia no
Ma anche se agiamo contro la povertà materiale, c'è un compito ancora più grande: è il confronto con la povertà di soddisfazioni, di scopi, di dignità che ci affligge tutti. Per troppo e troppo a lungo, abbiamo fatto soccombere l'eccellenza personale e i valori della comunità nella mera accumulazione di beni materiali. Il nostro Prodotto interno lordo è ora superiore a 800 miliardi di dollari annui. Ma quel Prodotto interno lordo – se giudichiamo gli Stati Uniti d'America da esso – quel Prodotto interno lordo significa inquinamento e pubblicità delle sigarette e ambulanze che ripuliscano le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Significa serrature speciali per le nostre porte e celle per la gente che le forzano. Significa la distruzione delle sequoie e la perdita delle nostre meraviglie naturali in una crescita disordinata. Significa napalm e testate nucleari e autoblindo per la polizia perché combattano le rivolte nelle nostre città. Significano fucili Whitman e coltelli Speck e programmi televisivi che glorificano la violenza allo scopo di vendere giocattoli ai nostri bambini. Ancora, il Prodotto interno lordo non descrive la salute dei nostri bambini, la qualità della loro istruzione o la gioia dei loro momenti di svago. Non include la bellezza della nostra poesia o la forza dei nostri legami familiari, l'intelligenza del nostro dibattito pubblico o l'integrità dei nostri pubblici ufficiali. Non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza o il nostro apprendimento, né la nostra compassione o la nostra devozione al paese. Misura tutto, in breve, eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta. E ci può dire tutto dell'America eccetto il perché siamo orgogliosi di essere Americani.
di Robert F. Kennedy

1 commento:

  1. Non hanno forse ucciso, prima di Robert F. Kennedy, Mohandas Karamchand Gandhi?
    Non differiscono che il contesto e i dettagli. E' l'idea di un mondo che si misuri su valori autenticamente umani, che pare intollerabile e incompatibile con il Pil.
    Il quale non misura il futuro, ma sempre e solo il presente o il passato.
    Cioè ciò che è morto o che lo sarà a momenti.

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