lunedì 30 luglio 2012

La fratellanza olimpica nel segno di McDonald's

Perfetta arma di distrazione di massa, quanto mai opportuna in un'estate di recessione economica di cui non si intravedono sbocchi, gli sfarzosi e ultratecnologici giochi olimpici di Londra 2012, che stanno ipnotizzando e imbesuendo davanti ai teleschermi centinaia di milioni spettatori ignari o volutamente rincoglioniti di tutto il globo, sono un'altrettanto perfetta rappresentazione del mondo attuale. Soltanto a voler leggere l'avvenimento per quello che è, provare a fare mente locale e premurare di collegare il cervello prima di assorbire acriticamente milioni di immagini coloratissime e in altissima definizione, perfino tridimensionali, veicolo di pubblicità e messaggi espliciti quanto subliminali e di disinformazione sistematica. Laurie Perry, giornalista britannica, ha provato a spiegarlo con questo articolo pubblicato su The Independent e uscito tradotto in italiano sul numero 959 di Internazionale in edicola col titolo "Le Olimpiadi dell'ansia", che lancia uno sguardo dietro le quinte di questo raccapricciante baraccone mediatico, ennesimo esempio del pensiero unico dominante.


All’inizio di luglio, mentre ero ad Atene per un articolo, ho visto un fascista che spaccava la testa a un giovane pachistano. Da anni la retorica dell’estrema destra contro l’immigrazione risuona in tutta l’Europa. Il partito greco Alba d’oro ha equivalenti in tutto il continente, compresa la Gran Bretagna. Ed è in questo clima di violenta ostilità verso immigrati e stranieri che cominciano le Olimpiadi, in teoria un appuntamento che dovrebbe esaltare lo spirito sportivo senza frontiere. In questi tempi inquieti la solidarietà internazionale arriva solo fino a un certo punto. C’è un bel capitale politico da guadagnare sfruttando l’istintiva ostilità verso gli immigrati, e mentre i più grandi atleti del mondo e i loro fan sbarcano sul suolo britannico, già si stanno facendo i preparativi per essere sicuri che tutti vadano via. Dieci anni fa, quando Manchester ospitò le Olimpiadi del Commonwealth, il giorno del ritorno a casa quasi nessuno della squadra di atletica della Sierra Leone si presentò all’aeroporto. Molti di quegli atleti, si spera, ormai vivono felici in Gran Bretagna. Ma stavolta il paese è più preparato. Le frontiere, come tutta la zona Est di Londra, sono a tenuta stagna. A nessun componente della “famiglia” olimpica – funzionari, atleti e accompagnatori compresi – sarà permesso di sposarsi mentre si trova in Gran Bretagna. Questo, presumibilmente, è stato deciso per impedire che vicende amorose legate alla concessione di un visto rovinino il divertimento ufficiale all’interno della barriera d’acciaio. Quale spirito internazionale celebriamo in questo modo? Le Olimpiadi non sono mai state solo una questione di sport. Non ho voglia di fare la solita polemica, anche se polemizzare sui giochi è forse lo sport in cui la Gran Bretagna vincerebbe la medaglia d’oro. In teoria una tregua simbolica ogni quattro anni per un po’ di sana competizione non violenta tra i Paesi è una buona idea. I giochi dovrebbero esaltare la fratellanza mondiale e il senso della comunità senza confini. La domanda è: quale comunità e quali confini? Il sistema di accrediti è rigidissimo. Gli atleti e gli spettatori saranno passati ai raggi x, perquisiti, ripresi e osservati dal giorno del loro arrivo a Heathrow al momento della partenza. Inoltre dovranno rispettare uno stretto codice di comportamento e di abbigliamento che, tra l’altro, vieta di indossare indumenti di marche che non siano gli sponsor ufficiali della manifestazione. Grossi bestioni armati saranno sempre presenti per rimuovere dagli stadi le eventuali magliette della Pepsi e i sacchetti di Burger King, insieme ai loro proprietari, se sarà necessario. Alle multinazionali che sponsorizzano i giochi, come McDonald’s e Lloyds, è stata promessa una “città pulita”, questo significa che avranno il monopolio estetico dell’Olympic Park e dell’area circostante. Anche gli slogan politici sono vietati – comprese le magliette con Che Guevara – e a chiunque sia trovato in possesso di un cartone, di una bomboletta spray o di qualsiasi cosa utile per costruire un cartello sarà rifiutato l’accesso. Al di là dei posti di controllo e della barriera d’acciaio protetta da missili e piena di agenti di sicurezza privati, il parco sarà una zona totalmente apolitica. Questa, ovviamente, è una delle più sonore e costose dichiarazioni politiche mai fatte. L’intera faccenda sarà la rappresentazione più perfetta di quelli che sono i valori della comunità internazionale nel 2012. Molte persone si sono viste demolire le case per far posto alla celebrazione, finanziata per lo più con denaro pubblico, dell’egemonia delle multinazionali in un’enorme fortezza scintillante dentro cui, ci dicono, ci si divertirà molto in modo pulito. Gli spettatori saranno incanalati attraverso un enorme centro commerciale costruito per l’occasione, incoraggiati a visitare il più grande McDonald’s del mondo, e tutte le loro spese saranno controllate. E naturalmente ci saranno gli immigrati sfruttati che faranno il lavoro sporco. Questa settimana abbiamo saputo che il personale delle pulizie proveniente da vari paesi è stato sistemato in alloggi provvisori, dove ognuno pagherà 550 sterline al mese per il privilegio di dormire in un prefabbricato con altre nove persone. Se le Olimpiadi sono il microcosmo che rilette il macrocosmo della ricchezza mondiale, lo sono davvero fino all’ultimo perverso dettaglio. Questo è il grande segreto del capitalismo contemporaneo: anche se gli stati si vantano dell’impermeabilità delle loro frontiere e si scagliano contro l’immigrazione, le economie moderne non funzionano senza questo spostamento attraverso i confini di manodopera a basso costo, spesso illegale. Viviamo in un’epoca di ansia, e le Olimpiadi del 2012 sono diventate, forse involontariamente, la quintessenza di quest’età dell’ansia: armate, pattugliate da agenti della sicurezza privati che non devono render conto delle loro azioni, e diffidenti verso gli immigrati di cui hanno bisogno. Le terrificanti mascotte vestite da guardie di palazzo e agenti di polizia, che osservano il divertimento irreggimentato con sguardo impassibile, sono la scelta migliore per questa grande fiera della paranoia internazionale. 

2 commenti:

  1. Se non mi risultassi ripetitiva, direi che ogni cosa descritta per queste Olimpiadi è già stata scritta per quelle cinesi del 2008, le Olimpiadi dell' "Armonia": censura internet, differita per poter eventualmente escludere immagini di contestazioni e tafferugli, case abbattute e poveri costretti a dare una mano di bianco igienico a tuguri fatiscenti, ect.
    Diciamo che richiamare l'ansia per l'ossessione da sicurezza è fare del romanticismo: a differenza della Cina, che non fa niente per nascondere di essere un regime dittatoriale, l'occidente planetario riunito a Londra sfodera l'evoluzione della lezione appresa a Pechino: censura ai twitter e McDonald obbligatori per tutti.
    Forse che in Cina si son viste magliette con il Che?
    Poi ditemi se Mao non è più che mai attuale...

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  2. Infatti sono ridicoli quanto pervasivi e pericolosi. Non a caso ho parlato di esempio paradigmatico di pensiero unico dominante. C'est la globalisasiùn...

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