sabato 23 giugno 2012

Numeri

L'altroieri, in visita al sito archeologico di Olimpia (inevitabilmente deludente dopo essere stato a Delfi, ma che comunque vale il viaggio soltanto per il Museo Archeologico che contiene, tra l'altro, l'"Ermes con Dioniso" di Prassitele, qui a fianco) un vecchio tipico turista americano rincoglionito, che si era isolato dal gruppo e di aggirava sperduto tra le rovine peraltro meno decrepite di lui, incrociandomi ha puntato il dito sul mio petto biascicando qualcosa che ho inteso come "What is your number?", intendendo la decalcomania colorata che indicava il gruppo di appartenenza (sarebbe il caso di dire mandria). Quando ero entrato nel sito, poco dopo l'orario d'apertura, ne erano già arrivati almeno 24. Tutti intruppati e regolarmente etichettati, dietro alla guida che brandiva la paletta del numero di riferimento. Sconcertato dal fatto che sulla mia T-shirt non ne fosse appuntato uno. Che non fossi codificato. Probabilmente per lui era inconcepibile che fossi in visita per conto mio. Cifre, numeri. Percepiscono così sé stessi e quindi il prossimo. Ma perché dobbiamo per forza di cose condividere la visione degenerata del mondo, i "valori" di questa accozzaglia di bifolchi, ignoranti e idioti quanto arroganti e molesti?

1 commento:

  1. Non dobbiamo.
    Forse dovremmo ricordare a noi stessi che senza la curiosità europea l'America sarebbe ancora una terra abitata dagli indiani Apache, e che solo dopo averli sterminati si sono inventati la bandiera a stelle e strisce.
    Poi ci sono venuti a "salvare" dall'invasione tedesca, e da allora ci impongono la cultura delle polpette rifilandoci fantastiche storie su lupi mannari dai quali ci difendono a suon di testate nucleari disseminate in tutto il continente.
    Colonizzati come facevano i gesuiti con gli indegeni: regalandoci perline e specchietti in cambio di una genuflessione al giorno.

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