mercoledì 14 marzo 2012

Fine corsa / Bauscia Don't Cry

Poco prima che iniziasse la stagione calcistica, con la sana perfidia che caratterizza i rapporti con la cuginanza rossonera, Il Segretario, amico di vecchia data e rivale nell'eterno derby tra le tifoserie milanesi (e tra due modi di intendere il gioco del pallone), mi fece il premuroso omaggio di un'intera confezione di 10 pacchetti di fazzoletti di carta di marca "Inter", per avere di che detergere le lacrime che mi avrebbero procurato le prestazioni della mia squadra del cuore nel corso dell'annata. Era agosto ed erano i tempi di Gasp: tre pacchetti li ho fatti fuori durante la sua sciagurata avventura nerazzurra conclusasi il 21 settembre dopo la debâcle in casa del Novara, l'altro durante le prime altalenanti giornate della gestione Ranieri, fino a quando l'aggiustatore non ha rimesso la squadra in carreggiata, facendola uscire dalle sabbie mobili della zona-retrocessione e tenendola a portata di qualificazione anche nel gironcino di Champions League, che poi avrebbe addirittura vinto, mentre in campionato da novembre al 22 gennaio (vittoria in casa con la Lazio) era risalita a ridosso di Milan e Juve infilando una serie di 9 vittorie su 10 partite. Da lì in poi si era tornati ai livelli settembrini, con prestazioni squallide, un attacco sterile e troppi gol subiti. Dopo l'improvvida sconfitta con un gol nel recupero con l'Olympique Marsiglia, senz'altro la squadra più scarsa e quindi abbordabile che potesse capitarci agli ottavi di Champions, segnali di risveglio si erano visti nell'imminenza della partita di ritorno, col Catania in casa, pareggiando orgogliosamente uno 0-2, e venerdì scorso sconfiggendo a Verona il Chievo. Ieri sera, a San Siro, eliminazione dall'unica competizione in cui l'Inter era rimasta in corsa (almeno in linea teorica) proprio a opera di un OM disastrato, reduce da quattro sconfitte consecutive in un campionato di scarso livello come quello francese. Come all'andata, uccellati da un gol al 2' di recupero che pareggiava un sudato e pressoché casuale vantaggio raggiunto solo al 75' da Milito: l'inutile 2-1 siglato da Pazzini su rigore al 95' vale una vittoria che conta soltanto per le statistiche. Non ho usato alcun fazzoletto di quella scorta perché non c'è stata alcuna lacrima da asciugare: come per molti altri beneamanti, l'eliminazione (a testa alta, perché non è stata il frutto di una disfatta e i resti della squadra che ha dominato dal 2006 al 2010 in Italia e poi nel mondo ieri hanno dato fondo a quel che avevano dentro e non si sono risparmiati) è stata perfino un sollievo: un passaggio di turno, per quanto meritato e impedito dalla malasorte, avrebbe portato soltanto altre illusioni, come la vittoria nel derby di andata, che si sarebbero andate certamente a infrangere al prossimo ostacolo, con batoste di proporzioni probabilmente epiche (immaginatevi un quarto di finale con Barcellona, Bayern, Milan o, peggio, uno scontro "fratricida" col Real di Mourinho) e umilianti per una squadra a cui tutti dobbiamo essere riconoscenti per quello che ha fatto in questi ultimi anni. 
E' la fine di un ciclo, e lo ha capito per primo un pubblico difficile ed ipercritico come quello interista, che ieri ha applaudito a lungo i giocatori alla fine dell'incontro. Come dire: grazie a tutti per quello che avete dato, ma ora è giunto il momento di voltare pagina e programmare il futuro. Raggiunta la quota-salvezza, ritengo sia il caso di provare i giovani, anche qualcuno della Primavera, da qui a fine campionato: sono perfino incerto se cercare di puntare a tutti i costi a un posto-UEFA. Nel frattempo è il caso che la società faccia chiarezza su come intenda proseguire e quali obiettivi darsi: l'attuale gestione, dalla notte del 22 maggio 2010 a Madrid in poi, è stata costellata da errori macroscopici e incertezze; allontanare Oriali per affidarsi al duo Branca-Paolillo quantomeno azzardato, e continuare di questo passo sarebbe esiziale. Io sono del parere che nessuno della squadra titolare del "Triplete" debba trovare più spazio, se non come riserva, nella prossima Inter. Salvo, forse, Snejder, se si decidesse di puntare su di lui come perno attorno al quale costruire una squadra giovane, valida e determinata (ipotesi che non mi convince). E a proposito di giovani, sono molto perplesso sugli innesti più recenti. A parte Obi, che anche ieri sera si è dimostrato tra i più positivi pur non essendo un fenomeno, e Faraoni, forse il migliore della schiera, tutti gli altri sembrano molto gracili fisicamente e poco dotati di cojones caratteriamente: da Álvarez a Coutinho, da Ranocchia a Guarin, preso già "rotto", a Poli: ieri sera, quando al 29' della ripresa è uscito per Cambiasso, sembrava un cadavere, eppure aveva giocato un primo tempo al ralenti e ha solo 22 anni e un fisico prestante. Se è questo il centrocampista "che fa del dinamismo la sua caratteristica principale", come recita il sito della società, qualcuno ha qualche problema: o chi lo ha scelto, o lo staff medico che lo segue. O entrambi. Staremo a vedere: da adesso in poi, e definitivamente dal prossimo luglio, comincia un altro giro di giostra. E comunque: ora e sempre Forza Inter!

2 commenti:

  1. L'anno prossimo è sempre quello dell'Inter!!!!
    Non te la prendere fratello...con affetto sportivo da un rugbysta (prima di tutto)simpatizzante milanista.

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  2. Quando si dice cugino sì, ma signore. Mica come i gobbi, che semmai sono delle suocere!

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