sabato 24 marzo 2012

E' ora di cambiare...


... e non soltanto cambiare l'ora: per chi non se lo ricordasse, domani scatta l'orario legale e alle due di notte le lancette degli orologi vanno portate avanti di un giro. E' da quando ho raggiunto l'età della ragione che sento parlare di crisi e di emergenza. Perfino a metà dei felici anni Sessanta: allora la chiamavano "congiuntura". Ossessivamente. Si viene bombardati, condizionati, impauriti. Per uscirne, l'invariabile ricetta è tirare la cinghia e produrre di più e meglio, di fatto lavorare di più, ma in meno: questo per tornare sulla strada maestra del progresso. Questo vale per chi ha un lavoro: nonostante le innovazioni tecnologiche tanto decantate gli viene chiesto di sgobbare di più; nel contempo sempre più persone rimangono disoccupate e senza retribuzione e, nel medio-lungo periodo, ridotte alla fame. Bel progresso. Ma la parola crisi presuppone che qualcosa, in un meccanismo che funzionava, si sia inceppato; così come emergenza significa una drastica e imprevista deviazione da una situazione di normalità. Ora, per esempio, siamo in piena recessione economica. Nel linguaggio dei tecnocrati, significa una diminuzione del PIL reale per due trimestri consecutivi. A nessuno di Lorsignori passa per l'anticamera del cervello che il meccanismo, per l'appunto, non funzionava per niente e che la situazione tanto normale non era. Solo qualche mente dotata di sano senso critico o semplicemente buon senso  arriva a specificare che la crisi non è dell'economia in quanto tale ma del vigente e generalizzato, anzi: globalizzato modello economico basato unicamente  sul mercato, e quindi sistemica. E che definire lo sviluppo unicamente in termini di incrementi di produzione porta inevitabilmente a crisi cicliche sempre più gravi e ricorrenti, fino all'implosione del sistema su cui si regge. Chi ne è alla guida lo chiama progresso, così come chiama democrazia (rappresentativa) il metodo con cui riceve la delega a decidere "in nome del popolo sovrano". Cosa ci sia di rappresentativo nella composizione dell'attuale Parlamento italiano (ma questo vale anche per i sindacati che vanno a fare trattative che coinvolgono tutti i cittadini), per rimanere nel nostro miserabile orticello, con la legge elettorale in vigore, e con una classe politica che sistematicamente ignora e anzi stravolge la volontà della stragrande maggioranza dei votanti, come hanno dimostrato più di una consultazione referendaria, quella sul finanziamento pubblico dei partiti e sull'acqua bene comune della scorsa primavera su tutte, lo lascio giudicare a chi legge. Io rimango del parere che sia il caso di darsi una sveglia, e in fretta.

1 commento:

  1. Dopo aver appena letto qui ma soprattutto qui come se la stanno giocando sul lavoro, la sveglia dovrebbe partire dal milione di precari.
    Muli certificati, buoni solo per rastrellare contributi con cui continuare a garantire i garantiti dell'art. 18.

    RispondiElimina