giovedì 9 dicembre 2010

Sorprendente Guanhzhou


GuangzhouGUANGZHOU (廣州 - CANTON) - Ammetto che ero un po’ inquietato dall’ingresso in Cina e dall’impatto con Guangzhou, più conosciuta come Canton e che si trova a due ore di bus da Zhuhai, la prima città (un milione e mezzo d’abitanti, la sorella minore di Shenzen, e come quest una SEZ) oltre il faraonico ma estremamente funzionale posto di confine con Macao. Formalità di frontiera minuziose, con tanto di marchingegni elettronici a scannerizzare volto e passaporto, ma rapide, e gentilezza nel dare una mano a trovare la biglietteria e poi il mezzo, perché improvvisamente non c’è più alcuna scritta in caratteri latini. I più giovani, però, in genere un po’ di inglese lo masticano: particolarmente utile si rivela farsi trascrivere indirizzi e località in cinese. Dopo un tratto di costa sabbiosa e piacevole, ci si immette in un’autostrada a tre corsie, perfetta, con la segnaletica in verde come in Italia, una breve sosta nell’equivalente di un’autogrill e si arriva in questa città che non dà l’impressione di essere circondata da periferie degradate ma rende subito l’idea di essere un tutt’uno omogeneo. Se c’è una metropoli che mi aspettavo diversa questa è Canton, la capitale del Guangdong. Per secoli è stata la città più importante e popolosa della Cina assieme a Pechino e Shanghai, sapevo che si era ammodernata ed era cresciuta a dismisura, ma rimane pur sempre una città meridionale, con tutto ciò che il clima comporta anche nel modo di essere e di vivere della gente, l’antitesi di Pechino, e me l’attendevo caotica, disordinata, piena di traffico, magari sporca, inquinata da far spavento. Niente di tutto ciò: traffico scorrevole, macchine e mezzi pubblici in ottimo stato (parecchie BMW: la marca preferita tra le occidentali, ma ho visto anche parecchie Mercedes e qualche Porsche, mentre i taxi sono in buona parte VW. Tutte tedesche comunque, guarda caso. Già: il desolante personaggio che ci governa e ci sputtana per il mondo da una ventina d’anni si è degnato di venire in Cina forse una volta di sfuggita, mentre va in pellegrinaggio ogni mese da quell’altro farabutto suo sodale in Russia: un grande sbocco per le nostre imprese), lungofiumi alberati e con fioriere (e si tratta di chilometri e chilometri), nessuna cartaccia per terra e cestini dappertutto, bagni pubblici ogni 500 metri, questo lo avevo notato anche a Macao; verde, anche se dall’aspetto un po’ artificiale (ma piante e fiori sono veri: ho provato) appena possibile. Non so quanto ciò sia dovuto allo scrupoloso make up in vista dei Giochi dell’Asia che si sono tenuti qui in novembre, l’impressione che si ricava comunque è che questa non sia una città venuta su così per caso ma la cui evoluzione e sviluppo sono stati studiati con cura. In  maniera forse discutibile, ma con idee chiare, un progetto in testa e realizzati con accuratezza, pensando, magari in modo un po’ paternalistico, a chi deve viverci.Isola pedonaleA prescindere dalle dimensioni della città e dei suoi edifici, comunque imponenti, andando in giro per le strade e anche sui mezzi pubblici non si direbbe che a Guangzhou abitino oltre 12 milioni di persone: il massimo affollamento l’ho visto ieri sera tra le 18 e le 19 nell’isola pedonale di Shanxia Jiu (che inizia a Ovest in maniera dimessa per crescere man mano di livello e prezzi procedendo verso Est, in parallelo al corso del fiume che attraversa la città, sempre quello delle Perle, il Sikiang) ma è lo stesso che si registra in un qualsiasi fine settimana a Milano in Via Torino o Corso Vittorio Emanuele o a Roma in Via del Corso, ed esattamente identico l’abbigliamento di giovani e meno giovani, come forse si può notare dalla foto qui sopra. Ero capitato nella zona centrale di Liwan, dove nelle vie parallele all’isola pedonale sopravvive la vecchia Canton, guidato come sempre dal mio appetito e dal mio naso affinato alla bisogna: alle spalle degli immancabili MerDonalds e KFC, (questi ultimi fortunatamente assenti da noi) nelle vie traverse, rigurgitava di allegre taverne in una delle quali ho rimediato un’ottima cena a poco più di tre euro, seduto e attovagliato, in un ambiente simpatico. Come ho già scritto, non è per nulla difficile fraternizzare con dei cinesi a tavola. Nella zona, mi aveva impressionato la quantità di magazzini di qualsivoglia tipo di merce e lo sferragliare incessante di centinaia di carrelli spinti o tirati a mano, carichi di scatoloni: hanno sostituito i rik-sciò, che facevano parte dell’immagine agiografica di Canton; nonché la presenza sistematica di cartoneros, i recuperatori di imballaggio, se possibile ancora più professionali di quelli di Buenos Aires. Sulla Shanxia, con prevalenza di botteghe di vestiario, a completare la baraonda ragazzini e ragazzine che decantano la bontà del prodotto e dell’offerta con un incessante battito di mani. Come in altre città orientali (e non solo) intere vie, quando non quartieri, sono monotematici: prodotti per la casa; pneumatici e cerchioni; prodotti idraulici o per l’edilizia; arredamento; tessuti; strumenti musicali e casse acustiche, alcune di dimensioni elefantiache, strumentazione per karaoke, che in tutto l'Estremo Oriente è una pratica ossessiva, di culto; elettronica. Stamattina ho visto decine di centri commerciali di soli prodotti elettronici con centinaia di postazioni ognuno. Da non credere. Lettori, navigatori, cinecamere, cellulari e iPad i prodotti che vanno per la maggiore. Una città che finora mi ha stupito, efficiente, vivibile, in cui ci si muove discretamente a proprio agio, anche se rispetto a esempio a Hong Kong si respira qualcosa di asettico e di freddo, nonostante la gente sia più che disponibile e sia un piacere venirci a contatto.Finestra

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