mercoledì 28 gennaio 2009

Miri: un capodanno cinese monsonico


MiriMIRI (Sarawak) - Quando mi sono reso conto che nemmeno i cinesi, con i loro scatenati festeggiamenti per il Capodanno (secondo il calendario lunare) sarebbero riusciti a scuotere la flemmaticità e il rigore analcolico del Brunei, e non essendo rimasto nient'altro da vedere nel Sultanato, ho deciso di assistere al pandemonio che avrebbero scatenato in una città normale, che si trova a pochi  chilometri dal confine, nella parte nordorientale del Sarawak che è Miri. Sette ore per una tratta di poco più di 150 chilometri, con quattro cambi di bus, due ore d'attesa durante uno di questi, una traversata di fiume su una bagnarola che ha dovuto fare due viaggi per trasbordare una quindicina di espatriandi, un'altra mezz'ora all'ufficio emigrazione del Brunei, in attesa che la funzionaria di turno al controllo passaporti si degnasse di raggiungere il bancone dove apporre, con infastidita indolenza, il sospirato timbro d'uscita, ma alla fine ne è valsa la pena. Come era d'aspettarsi, tutta la parte commerciale della città era pavesata a festa, coi consueti lampioni di carta rossi, festoni, pupazzi, immagini di bufalo/toro (il segno zodiacale del nuovo anno), il tempio principale addobbato, alle sue spalle una batteriaTua Pek Kong Temple di Raphael Bick impressionante di razzi e petardi; altre postazioni, formato famiglia, su quasi tutti i tetti delle case e anche agli angoli delle strade: con una contraerea del genere per i bombardieri NATO sarebbero stati problemi, durante le sciagurate incursioni del 1999! Purtroppo soltanto dal primo pomeriggio a oggi si sono scatenati almeno 10 acquazzoni, di durata variabile ma mai di durata inferiore alla mezz'ora, alcuni dei quali di una violenza rara.Tutti rifugiati nei grandi ristoranti, soprattutto di pesce, con enormi acquari da cui scegliere la pietanza ancora viva, all'uso cinese, e da un'ora prima della mezzanotte fino a un'ora dopo si è scatenato letteralmente l'inferno. E birra a fiumi, ma anche whisky: quando c'è da darci dentro, i figli del Celeste Impero non scherzano. Fuochi d'artifico del genere li ho visti raramente, non riesco a immaginarmi cosa siano capaci di fare a Hong Kong, Shanghai o Pechino. Questa mattina regnava il deserto, come da noi il primo dell'anno o il giorno di Ferragosto. Per rendere l'idea del peso economico della comunità cinese, numerosa ma comunque fortemente minoritaria, in una città di medie dimensioni come questa, oltre agli uffici pubblici e alle banche chiusi, cosa anomala in un Paese musulmano, al mercato centrale era in funzione una postazione su dieci, qualcuna in più a quello del pesce mentre erano al completo quelle del lindo e ordinatissimo Tamu Muhibbah, presidiato dai dayak che vengono in città a vendere frutta e ortaggi di loro produzione. In fianco, sul lungofiume, il tempio buddhista del Tua Pek Kong (nella foto sopra a destra un dragone con palla), avvollto in una possente nube di incenso, affollato fino all'inverosimile di cinesi che oltre a rendere omaggio a divinità e posteri bruciano in una fornace i ricordi cartacei, così mi è sembrato di capire, dell'anno passato: calendari, agende. Colore predominante il rosso: chiunque indossava almeno un capo d'abbigliamento di questo colore: non ho avuto modo di verificare se la regola valesse gli indumenti intmi. Miri, oggi 270 mila abitanti, era un borgo di pescatori su un lato dell'estuario del fiume omonimo che si è trasformata in centro Grand Old Lady di chrome76industriale, commerciale e di servizi a traino dell'industria petrolifera, che si sviluppò proprio qui dopo la scoperta dei primi giacimenti nella Malaysia nel 1910: il primo pozzo, il Grand Old Lady, sulla Canada Hill, alle spalle del centro (qui a sinistra) disattivato nel 1972, è oggi monumento nazionale e qui sorge l'interessantissimo Petroleum Museum. A sottolinearne l'imprortanza, nel 2005 Miri ha ottenuto lo status di città, primo caso di centro che non fosse la capitale di uno dei tredici Stati della Federazione. Non è una bella città, il che è ovvio considerata la sua vocazione, ma si è pure inventata una vena turistica insospettata valorizzando alcune spiagge belle e ben curate nelle immediate vicinanze, parchi perfettamente attrezzati con strutture sportive e piscine (l'esatto contrario della tanto reclamizzata Labuan, su cui il governo centrale ha investito molto e male, come ho ricordato), e come base per le escursioni nei vicini parchio nazionale di Gunung Mulu (Patrimonio dell'Umanità), Niah Caves, Lambir Hills e Similajau. Peccato soltanto per il monsone che imperversa, quest'anno in modo più "tropicale" del solito, mi dicono. Nel senso che qui all'Equatore normalmente i fenomeni non sono così violenti, e ripetuti. 

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