martedì 16 dicembre 2008

La porta di Sumatra


Istan Maimun MedanMEDAN (SUMATRA) – Capoluogo di Sumatra Nord, coi suoi due milioni di abitanti la maggiore realtà urbana della più grande isola dell'Indonesia nonché terza del Paese per numero di abitanti, Medan è una città brutta, dove c'è ben poco da vedere, convulsa, con un traffico caotico e una viabilità insensata, che però compensa questi suoi difetti con le gentilezza, disponibilità e simpatia dei suoi abitanti, la vivacità, la varietà dei commerci e delle attività artigianali, il viavai continuo e incessante di persone indaffarate e in moto perpetuo. E' una sensazione che si ha in qualsiasi agglomerato umano del SudEst asiatico: ci si domanda sempre dove accidenti stia andando tutta questa marea di gente, e a fare cosa a qualsiasi ora del giorno e spesso anche della notte, e ci si dimentica volentieri della densità demografica di queste realtà. Eppure Medan non dà un senso di soffocamento: le strade sono ampie e le direttrici principali dotate anche di triple corsie, gli edifici hanno prevalentemente meno di tre piani, non c'è il consueto assembramento di grattacieli insensati e anche i centri commerciali che sorgono come funghi, insieme ai MacDonalds e ai Kentucky Fried Cicken, in barba al rigorismo e antiamericanismo di stampo islamico, hanno dimensioni umane. L'attraversa il fiume Deli che per buona sorte, opportunamente canalizzato, quasi non si vede, e nella parte occidentale al di là di esso si sviluppa il quartiere benestante di Polonia: tutto bene, se non che l'aeroporto, alquanto trafficato, vi si trovi nel bel mezzo, a due chilometri dal centro della città. Gli aerei in fase di decollo passano a un centinaio di metri sopra la testa, e forse è questa la ragione per cui non sono stati costruiti grattacieli. A parte la Grande Moschea, curiosamente edificata in stile maroccchino e dotata di inconsuete cupole nere,  commissionata dal sultano di Deli all'inizio del Novecento, l'unico monumento che merita una visita è l'Istan (palazzo) Maimun poco distante, sempre costruito su disposizione del sultano. Vi si trova anche l'unico spazio verde oltre a quel poco che è rimasto nella piazza principale, dedicata anche qui all'Indipendenza (un po' come in Argentina dove vengono intitolate al generale San Martin!). Provenendo dalla Malaysia penisnulare (di ieri la traversata: 6 ore su un catamarano “veloce”, dello Stretto di Malacca da Penang, quello infestato dai pirati) le differenze si colgono a prima vista: il livello di vita è più basso e soprattutto qui c'è ancora quella miseria nera che sul continente può dirsi debellata. La strada dal porto di Belawan in città è costeggiata da una bidonville quasi ininterrotta: baracche di legno o compensato, spesso su palafitte piantate in stagni ripugnanti e canali di acqua putrida, che viene utilizzata per l'irrigazione come per l'alimentazione e come scolo, e dove sguazzano bimbetti nudi insieme a ratti ben pasciuti, in confronto alle quali le favelas brasiliane sono ardite opere in muratura dotate di tutti i comfort. Forse solo in Cambogia ho visto qualcosa di simile ma non in questa estensione: lì però ci sono stati decenni di guerre culminate nelle deportazioni e nelle decimazioni dei Khmer Rossi, al culmine del delirio ideologico di Pol Pot e dei demiurghi dell'Uomo Nuovo perfettamente comunista. Vero che Sumatra è spesso colpita da catastrofi naturali colossali: eruzioni di vulcani, alluvioni devastanti, e basta ricordare la combinazione tra terremoto a 9 gradi della scala Richter e tsunami che si abbattè sul Nord dell'isola, colpendo soprattutto lo Stato di Aceh, proprio il giorno dopo Natale di quattro anni fa: sciagure che causarono la morte di oltre 170 mila persone e spazzarono via tutto per decine di chilometri lungo la costa occidentale. Questo significa che, aiuti umanitari a parte, tutt'ora in corso e gestiti dalle organizzazioni internazionali, gli interventi governativi sono volti principalmente a tamponare le situazioni d'emergenza: se a ciò si aggiunge la tendenza storicamente accentratrice e Giava-centrica del governo indonesiano, si comprende come gli interventi strutturali siano lontani dall'essere intrapresi o solo immaginati. Senza dimenticare le dimensioni in cui si opera: Sumatra è l'isola più grande del mondo, con i suoi oltre 473 mila chilometri quadrati poco più piccola della Francia, tagliata a metà dall'Equatore, estremamente variegata e abitata da 40 milioni di persone, e nonostante questo una delle zone a minor densità demografica dell'Indonesia, che ne totalizza circa 250 milioni, più di metà concentrate sull'isola di Giava, in una superficie che è un terzo rispetto a quella di Sumatra. Quando si considera l'ordine di grandezza e gravità dei problemi da queste parti, ci si rende anche conto della complessità e difficoltà nell'affrontarli, nonché della meschineria di quelli di casa nostra.

Nessun commento:

Posta un commento