venerdì 9 novembre 2007

Hic Rhodu, hic Salta!


SALTA - Dopo un viaggio di 8 ore fra fertili vallate (nella zona intorno a Catamarca è diffuso l'ulivo, mentre in tutta la regione vengono prodotti vini di qualità, che possono rivaleggiare con quelli di Mendoza e con quelli, a mio parere sopravvalutati, cileni: del resto il tipo di terreno e di clima è simile) e precordigliera, sono giunto ancora ieri pomeriggio, dopo una breve sosta a Tucumán, in questa che è senz'altro la città più vitale e dinamica del Nord-Ovest argentino. Oltre mezzo milione di abitanti, un flusso continuo da e verso la Bolivia, ma anche con il vicino Cile, è stata fondata nel 1582 da Hernandez de Lerma nell'omonima valle, coronata da alture boscose, dal clima sempre primaverile e particolarmente fertile, in esecuzione del piano strategico del vicerè Francisco de Toledo, che prevedeva la costruzione di un nuovo insediamento sulla via di comunicazione fra l'Alto Perú e il Rio de la Plata, dove fosse possibile la coltivazione di piante che non attecchivano nelle gelide Punas (altipiani) boliviane. Situata comunque a 1214 metri sul livello del mare, e costruita immancabilmente con uno schema a griglia, 36 isolati disposti oridnatamente a rettangolo, la città si è sviluppata rapidamente grazie ai commerci e alle necessità di approvigionamento, di prodotti alimentari ma anche di muli e cavalli che venivano allevati qui, della zona mineraria a Nord, che aveva e ha tuttora come epicentro Potosí, seguendone le sorti progressivamente declinanti, con una perdita di importanza accentutasi dopo l'Indipendenza e lo spostamento a Est del baricentro della nazione. E' tornata poi a risollevarsi con il prolungamento, a fine '800, della Ferrovia Belgrano, che ha dato uno sbocco alle nuove coltivazioni di zucchero. Di ritorno dopo dieci anni, ho avuto la conferma di quanto mi era stato detto, ovvero che si era proceduto a una serie di restauri e di recuperi che ne hanno fatto una città ancora più piacevole e vivibile di quanto ricordassi: ora il turismo costituisce sicuramente un 'attività di primaria importanza (e finalmente ho avvistato qualche esemplare di viaggiatore anche fuori stagione). Ho altresì l'impressione che non solo el campo, l'Argentina agricola, abbia assorbito meglio i colpi della micidiale crisi dell'estate 2001/2002 col Paese che aveva dichiarato bancarotta, ma anche alcuni centri della province che vivono essenzialmente sul settore primario. Come già accennato, le regioni del Nord-Ovest sono molto più vicine alle tradizioni delle regioni andine che non al resto dell'Argentina pampeana e dell'Atlantico, di impronta europea, italiana in particolare prima ancora che iberica. Lo si nota dai lineamenti delle persone, in quanto ormai qui predomina l'elemento indigeno, come dalla stessa gastronomia basata sul mais e sulla patata, con la carne di manzi Angus e Hereford sostituita da lama e capretto e che si fa speziata quando non piccante. Nascono qui le celebri empanadas (sorta di panzerotti ripieni di carne tritata e verdura, talvolta uova, fatte al forno o fritte) e il locro, una zuppa a base di mais con carne stufata. Ricca anche l'offerta culturale: ottimo il Museo Histórico del Norte, ospitato nello splendido palazzo settecentesco del Cabildo (municipio), che da sulla piazza principale (qui 9 de Julio: a San Martín sono dedicati l'avenida più importante e il parco: la statua di rito doveva pur essere piazzata in un luogo privilegiato) e bellissima una mostra allestita dal Governo della Provincia: "Prima dell'America - Simboli del culto e del potere nelle culture pre-ispaniche". Raramente ho visto una raccolta di reperti così ben conservati. Infine, il tanto decantato aspetto "coloniale" della città non deriva dall'autenticità di edifici d'epoca, quanto da una sorta di restauración nacionalista che ha avuto luogo negli anni Trenta come reazione all'eccesso europeizzante di moda a partire della fine dell'800, nel periodo della più grandi ondate d'immigrazione, restauración che ha riguardato anche l'architettura, e che incoraggiava il recupero e il riscatto dei valori del passato, quello coloniale e criollo, s'intende. Mi ha fatto molto piacere rivedere la città, che possiede anche dei dintorni magnifici (poco distanti la celeberrima Quebrada de Humahuaca e il percorso ferroviario d'altura noto come Tren a las Nubes), ma nel pomeriggio mi aspetta l'avventura della traversata del Grande Chaco, da qui a Resistencia, sul Paraná: 13 ore di bus sulla Ruta Nacional 16 nel nulla assoluto. Il percorso a Nord del Rio Bermejo, a ridosso del confine boliviano, da Enbracación a Formosa sulla RN 81, è spesso intransitabile e decisamente più a rischio: per questa volta mi accontento!

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