mercoledì 31 ottobre 2007
"El Che", Belgrano, il Paraná e Messi
ROSARIO - Da
Buenos Aires a Rosario sono 4 ore esatte con un comodissimo bus a due
piani, con sedili reclinabili, nonostante l'attraversamento della pampa
avvenga in mezzo a una sorta di monsone a intermittenza. Ma anche il
cielo che sembra sterminato come l'oceano verde che c'è sotto, cambia
colore ogni momento, con nuvole che corrono come cavalli imbizzarriti e
cambiano forma come ombre cinesi in controluce su una parete, sono uno
spettacolo a cui per l'equivalente di otto euro circa vale proprio la
pena di assistere. Non ci ero mai stato, e la prima impressione è qualla
di una città di gente allegra, accogliente, mediamente più bella che
nella capitale. Sarà perché sono sorridenti e di buon umore. E' la città
in cui il 14 giugno del 1928 nacque Ernesto "Che" Guevara: la casa in
cui venne al mondo esiste ancora, ma non è visitabile. Rimase poco a
Rosario: a causa dell'asma che l'avrebbe afflitto per tutta la vita. La
famiglia Guevara-Serna si trasferì infatti ben presto in provincia di
Córdoba, in un clima più salubre (le Sierras sono anche oggi
frequentati luoghi di villeggiatura, dove in estate ci si rifugia per
sfuggire alla calura e all'umidità asfissianti) e poi dal 1943 a Córdoba
capitale. Rosario è anche la "culla della bandiera", la "Albiceleste",
conservata nel Munumento Storico Nazionale alla Bandiera, con una
scalinata ancora più inquietante di quella del Vittoriano a Roma e
altrettanto orripilante, in stile però razionalista. Disegnata dal
generale Manuel Belgrano (i cui genitori provenivano da Imperia), fu
innalzata in riva al Paraná per la prima volta il 27 febbraio del 1812.
Il grande fiume, dunque, che ha fatto di Rosario il secondo porto del
Paese sopo Buenos Aires (oggi forse superato per tonnellaggio da quello
di Comodoro Rivadavia, in Patagonia, per via del petrolio) e la porta
d'ingresso verso linterno dell'Argentina. Una sua caratteristica sono le
costaneras (i lungofiume), le spiagge e i balnearios
che si estendono per chilometri lungo il Paraná e sulle isole che si
sono formate in mezzo al suo corso. E' stata fino a qualche tempo fa
anche la seconda città del Paese per numero di abitanti, superata però
da Córdoba, cosa che fa infuriare i rosarini. Importante centro
universitario, ha un'architettura gradevole e conserva anche bei palazzi
storici. Infine, più di recente, il 24 giugno 1987 ha dato i natali a
Leonel Messi, fantasista attualmente in forza al Barça e nuovo profeta
del futbol argentino. Non sarà il "Nuovo Maradona", ma io
sarei ben felice che Moratti lo vestisse di nerazzurro. E adesso che si è
fatta l'ora giusta, mi auguro che la l'asado che mi attende sia pari
alla simpatia degli abitanti: l'appetito lo è!
martedì 30 ottobre 2007
In mezzo alla Pampa, tra i campi di soia...
BUENOS AIRES - Sembra il prologo di una telenovela, invece è successo per davvero, in un albergo di transito di Pilar, un paesone di 15 mila anime nel mezzo del nulla di un mare di campi di soia a 75 chilometri da Córdoba e altri 75 da Oncativo: "Una storia di passioni incrociate è finita in con una sparatoria: grave un uomo ferito dai colpi esplosi dall'amante della moglie: aveva una relazione con la moglie di lui". Ecco la pruriginosa e intricata vicenda. Sonia, 43 anni, giunge all'albergo transitorio, dall'ammicante nome "Momentos" (con tanto errore di ortografia incorporato), insommma uno "scannatoio", apparentemente da sola, ad aspettare il suo amante, Alberto, 45 anni. In realtà, nascosto nel baule dell'auto, trasportava il marito Juan, 44 anni. "Sembra che la coppia volesse recuperare delle foto erotiche con cui l'amante di lei li stava ricattando estorcendo denaro", ha riferito un investigatore. Di fatto, lei aspettava l'amante in camera, il marito si era nascosto nel bagno. Un classico. Quando Alberto finalmente è arrivato, lei getta le foto sul letto e Juan esce ad affrontarlo. Comincia un corpo a corpo furioso e partono gli spari da entrambe le parti, perché anche Alberto è giunto armato all'appuntamento galante, ed è lui che ferisce Juan con un colpo al torace e uno in tesa, riducendolo in fin di vita. Così lo trova la polizia, una volta giunta sulla scena del crimine, insieme alla moglie in lacrime, le foto sparse sul letto e al feritore, rimasto sul luogo. Ma cosa contenevano queste immagini, che avrebbero causato la furibonda e sanguinosa lite? Juan, il marito gravemente ferito di Sonia, mentre faceva sesso con la moglie di Alberto, l'amante di Sonia! Juan è ora ricoverato in ospedale in prognosi riservata, Sonia e Alberto agli arresti, lui per tentato omicidio e lei in quanto testimone necessaria. Ma la vicenda sembra ancor più complicata: pare infatti che sia stato Juan, il ferito, a documentare fotograficamente la sua avventura erotica con la moglie di Alberto e abbia escogitato questo modo contorto per spiattellargliela sotto il naso e vendicarsi. Non solo: lei, la moglie di Alberto, si sarebbe invaghita follemente tanto da fargli una scenata di gelosia nella grossa concessionaria di macchine agricole che possiede a Oncativo. Un quadrato (e un quadretto) perfetto. Tre le ipotesi prese in considerazione dagli investigatori: che Sonia e Juan tentassero di recuperare le foto che compomettevano quest'ultimo; un'imboscata di entrambi contro Alberto riuscita male; infine una trappola ordita da Sonia e dal suo amante contro Juan, colpevole di avere ingannato entrambi per aver avuto una tresca con l'altra donna. Quest'ultima variante contiene un elemento ancora più inquietante che emergerebbe dalle dichiarazioni di Sonia, ovvero che il marito intendesse limitarsi a spaventare l'amante, affinché troncasse la relazione, per cui avrebbe caricato a salve l'arma che usa abitualmente per il tiro a piattello. Se il fucile del marito fosse davvero caricato a salve lo determinerà la perizia balistica, quel che è certo è che le pallottole della pistola dell'amante sono vere e sono conficcate nel corpo di Juan. Proprio perché entrambi sono giunti armati, alcuni ritengono che Sonia li abbia manipolati entrambi. Diavolo di una donna. Succede anche altrove, ma qui ha tutto un altro sapore. E con la cronaca che offre di queste preziosità, non stupisce che la fantasia degli scrittori argentini, già talentuosi per loro conto e con una vena noir e grottesca congenita, trovi alimento quotidiano.
lunedì 29 ottobre 2007
Il passato che non passa
BUENOS AIRES -
E' abbastanza sorprendente il risalto dato dalla stampa internazionale,
perfino da quella italiana, che quando si occupa di esteri lo fa quasi
esclusivamente per fare del gossip vippettaro o parlare degli ultimi
segreti di Hollywood, alle elezioni argentine di ieri. Qui, i
festeggiamenti si sono visti solo in televisione, da parte dei militanti
di professione e dei funzionari di partito, nei "bunker" dei diversi
comitati elettorali, mentre in Plaza de Mayo, storico punto di ritrovo
delle adunate politiche di ogni colore, ma peroniste in particolare, ai
cameraman delle postazioni TV mobili incautamente dislocate in zona non è
rimasto altro da fare che riprendere i cani a passeggio. Stamattina
all'edicola, ai bares de esquina per la colazione, alle fermate dei collectivos,
due parole, battute senza smalto, commenti pacati se non rassegnati.
Stasera gli argomenti erano già altri: l'aumento dei prezzi, o la crisi
del Boca, piuttosto. Gli argentini con aplomb britannico? Ma no. C'è un
bel po' di rassegnazione latente, in giro, e sfiducia nella politica. Il
fatto è, a mio parere, che si è riproposto un voto di classe, con una
vittoria del blocco sociale (e con connotati geografiche precisi) che ha
sempre sostenuto il peronismo, nel Paese, a partire dagli anni
Quaranta. I ceti bassi e medio-bassi e l'Argentina profonda, la
provincia. Compresa quella di Buenos Aires: Daniel Scioli, ex
vicepresidente in cordata con Cristina Kirchner e nuovo governatore, ha
ottenuto in percentuale dil doppio dei voti che la "presidenta" (come
vuol essere chiamata) ha ricevuto nella Capitale Federale. Sarà, se
riuscirà a governare con successo, un sicuro protagonista delle
presidenziali da qui a quattro anni. Insomma chi ha beneficiato
dell'uscita dalla crisi del 2001/2003, indubbio successo di Nestor
Kirchner, ha votato per la continuità: qualcuno sostiene che si
sia trattato un voto "conservatore" e non è un'interpretazione del tutto
fantasiosa. In Europa, e non solo, si parla spesso di "voto di
protesta": qui si è semmai verificato di un "voto di premio", o di
gratitudine, per i risultati conseguiti finora (e con la paura di
perderli). Se vogliamo un razionale voto col portafogli. I ceti medi,
non avendo l'assillo della sopravvivenza matreiale, hanno votato,
potendoselo permettere, col cuore e con la testa, per l'opposizione, per
quanto atomizzata e incapace di trovare un minimo comun denominatore.
Premiando in particolare chi ha insistito per una maggor trasparenza
istituzionale, la lotta alla corruzione, una maggior sicurezza. Hanno
avuto successo i candidati di estrazione radicale, come Elisa Carrió e,
in parte, Roberto Lavagna (L'Union Civica Radical, il partito più antico
del Paese, dopo la presidenza De la Rua è invece al dissesto totale,
come il PSI dopo Craxi) mentre hanno fatto un buco nell'acqua i rivali
peronisti della Primera Dama. Dicevo ieri che un'ipotesi è che Nestor
Kirchner si metta a lavorare alla costruzione di un partito
post-peronista, ma almeno dalla visuale della capitale la sensazione è
semmai del rischio di una riedizione di quello vecchio, di peronismo,
con le sue eterne contraddizioni, i suoi caudillos locali, le
sue molteplici anime. Credo dipenda da questo lo scarso entusiasmo che
si nota in giro, perlomeno nella città di Santa María de los Buenos
Aires.
domenica 28 ottobre 2007
Il trionfo di Ella
BUENOS AIRES -
Per una volta le previsioni della vigilia sono state rispettate e al
primo turno, senza dover affrontare il ballottaggio, Cristina Fernández
de Kirchner è stata eletta presidente dell'Argentina, succedendo al
marito Nestor Kirchner. I primi dati ufficiali sono stati diffusi poco
prima delle 22, in ritardo rispetto a quanto annunciato, per via di una
serie di ritardi e disguidi che si sono registrati soprattutto nella
capitale e nel conurbano e di cui si era venuti a sapere già in
mattinata. Le opposizioni hanno denunciato irregolarità nella
distribuzione delle schede ma alla fine nessuno ha messo in serio dubbio
la validità del risultato, e alle 22 in punto la prima donna eletta
alla carica più alta in questo Paese è apparsa in televisione insieme
all'altro grande vincitore della tornata elettorale, Daniel Scioli, già
vice di Kirchner, che con quasi il 52% ha conquistato il governatorato
della Provincia di Buenos Aires, uno Stato nello Stato che da solo vale
il 37% del voto nazionale. Con un terzo delle schede scrutinate, la
Kirchner ottiene il 43% dei voti. Elisa Carrió il 20,2 e Roberto Lavagna
il 19,6. Il trend della Carrió è in crescita (gli ultimi dati
in arrivo saranno quelli della capitale, dove ha staccato la Kirchner di
almeno 5 punti percentuali) e finirà per avere avuto ragione il
sociologo Artemio Lopez, che dal suo blog
già alle 18.13 aveva diffuso i dati degli exit poll, che ufficialmente
non si sarebbero dovuti sapere prima delle 20: 45,7 alla Kichner, 23,8
Carrió e 14,7 Lavagna. Se può lasciare perplessi questa sorte di
successione dinastica (prima ancora che un sodalizio matrimoniale i
Kirchner sono un'impresa politica, scriveva oggi il notista del Clarín), pensando a quello che accade in Italia è già notevole che abbia vinto una donna, tra l'altro coetanea del nuovo e giovane
Messia del PD, plebiscitato alle primarie di due settimane fa. E in
caso di ballottaggio avrebbe affrontato un'altra donna, anzi, un
donnone: Elisa Carrió. C'era pure una terza candidata: la socialista
Vilma Ripoll. Fantascienza, nella felice Terra dei cachi. Successo nitido, quello della Primera Dama,
mitigato dall'ottimo risultato della Carrió che ha comunque vinto con
largo margine nella capitale, ribadendo l'idiosincrasia dei porteños
verso chi si innamora troppo del potere, e ha conquistato a mani basse
Rosario. Restano da vedere il risultato delle Province in cui si è
votato per il governatore e la distribuziione dei seggi del Congresso,
parzialmente rinnovato. Come accennato nei giorni scorsi, durante la
campagna elettorale si è parlato poco o nulla di programmi, ma
inflazione, insicurezza e problema energetico sono tasti dolenti su cui
la nuova presidentessa dovrà esprimersi in fretta, e pure in una linea
di continuità con la politica del predecessore, che comunque ha pilotato
il Paese fuori dalle secche e verso un rapido sviluppo nei quattro anni
di mandato, la "Pinguina" dovrà dare alcuni segni di disconinuità
almeno sui temi scottanti oltre che procedere ad alcuni ritocchi
significativi alla compagine ministeriale. Quanto al consorte, il
"Pinguino", pare voglia dedicarsi alla creazione di una formazione che
sia d'appoggio alla moglie, superi il peronismo e in capo alla quale
tornare a presentarsi tra quattro anni, in un quadro politico rinnovato
rispetto al sistema dei partiti tradizionali che è ormai allo sfacelo da
anni, come del resto in Italia. E a proposito di somiglianze, che il
trionfo della Kirchner sia dovuto al fatto che la sua voce, quando
parla, è identica a quella di Raffaella Carrà? Mi è venuto questo
sospetto quando l'ho sentita esprimersi, questa sera, più a lungo del
solito e il collegamento mi è venuto pensando alla venerazione che hanno
da queste parti per la nostra indimenticabile star romagnola. Tanto che
qualche giorno fa, passeggiando per Corrientes, la via dei teatri, ero
rimasto attratto dal cartellone dove campeggiava "Tributo a Ella".
Cazzo, la Fitzgerald, ho pensato. Buona musica assicurata, a Baires
girano fior di musicisti, mi sono detto. Vado a vedere: e invece no. Ella stava per Raffaella. La nostra Raffaella.
sabato 27 ottobre 2007
Luoghi comuni in fumo
BUENOS AIRES -
Anche in Argentina è entrata in vigore ormai da un anno una legge che
proibisce il fumo nei locali pubblici molto simile a quella italiana. Se
na parlava in questi giorni per il fatto che molti locali che non
superano i 100 metri quadrati di superficie e non avrebbero neanche la
possibilità di attrezzare una adeguata area-fumatori, e altri più grandi
che hanno valutato che non valga la pena investirci delle cifre
considerevoli, con l'arrivo della primavera e dell'estate preferiscono
spostare dei tavoli sui marciapiedi (le famose veredas bonaerensi,
non sempre ben tenute né particolarmente larghe, almeno nel "casco
histórico"). Per inciso, il costo del plateatico per ogni tavolo, a
semestre, è di 200 pesos, ossia 50 euro scarsi. Per fare un raffronto
credibile, una birra alla spina da 0,30 cl costa sui 5 pesos (1 euro e
15). Qualche tempo fa sull'ottimo blog di Rocco Cotroneo, corrispondente del Corriere della Sera
per l'America Latina, si polemizzava sui presunti tratti in comune tra
argentini e italiani, che io sostenevo esserci eccome. Ne ho avuto
conferma proprio dal comportamento di entrambi rispetto alla legge
anti-fumo. La gente, notoriamente anarcoide e refrattaria alle
regolamentazioni, che rifiuta di mettersi il casco in moto o allacciarsi
le cinture di sicurezza in macchina qui in Argentina come in Italia, ha
accettato di buon grado la normativa anti-tabacco. Altrettanto in
Spagna, altro Paese di casinisti notori. A differenza, ad esempio, di
francesi, tedeschi, svizzeri e austriaci che non sopportano nemmeno
l'idea del divieto in bar e ristoranti. E non è solo questione di clima:
anche gli inglesi si uniformano alle disposizioni e, seminudi anche in
inverno, afforntano intrepidi il marciapiede per fumarsi la sigaretta.
Ma ciò che mi ha sorpreso di più, è il calo notevole di persone che
fumano. In Italia la percentuale di fumatori è scesa in quattro anni dal
33 al 27%, qui non posseggo i dati, ma già a prima vista la percentuale
di gente che fuma è diminuita notevolmente rispetto all'ultima mia
visita, tre anni fa. Era sorprendente soprattutto il numero di donne
fumatrici: oggi mosche bianche. Sarà che i latini ci tengono di più alla
salute, o meglio a sembrare giovani e in forma, motivo per cui anche
qui i centri fitness sono più diffusi dei semafori?
Gay Friendly Baires
BUENOS AIRES - Apre
nel barrio di San Telmo (e non Sant'Elmo come si ostinano a scrivere in
Italia coloro che di questa città hanno visto soltanto le cartoline),
in pieno centro storico, il primo albergo gay della città. Lusso e
galmour: l'Axel Hotel Buenos Aires è un "cinque stelle" per cui il 34
enne catalano Juan Juliá, proprietario dell'omonimo albergo di
Barcellona, ha investito 5 milioni di euro allo scopo di ampliare
ulteriormente l'offerta di una città che già da tempo è stata scelta
come meta del turismo omosessuale di tutto il mondo. "Ma noi siamo hetero-freindly - chiarisce Juliá -. Così come non ci piace che ci discrimino, altrettanto non saremo noi a farlo".
48 camere e due suites, costo dai 180 ai 300 dollari USA a notte (200 è
il costo medio settimanale di un appartamento più che dignitoso e
pienamente arredato nella stessa zona), l'Axel è dotato di solarium,
sauna, sala fitness, piscina riscaldata con fondo traslucido che a sua
volta funge da soffitto della lobby, piscina esterna con giardino e tre
bar distribuiti nelle diversi ambienti. Sembra un investimento
promettente, se si consisidera che in un anno si stima che siano 300
mila i turisti omossessuali che visitano Buenos Aires, generando un
fatturato di oltre 400 milioni di euro.
venerdì 26 ottobre 2007
Memoria di un massacro
BUENOS AIRES -
Chiusa con la giornata di ieri la campagna elettorale, senza fuochi
d'artificio salvo il tentativo in extremis di rendere simpatica e
popolare Dona Cristina Kirchner corteggiando i media, e terminati anche i
temporali primaverili che hanno imperversato nel pomeriggio, splendida
giornata di sole e passeggiata lungo tutto Puerto Madero, l'ex zona
portuale SUR con i suoi quattro storici bacini, trasformato in quartiere di lusso sotto la regia di Sir Norman Foster. Un po' troppo leccato,
per i miei gusti, discutibile la scelta di farne una enclave
residenziale, ma un bel lavoro di riqualificazione che a mio parere è
all'altezza di quelli effettuati a Barcellona, Amburgo e Londra. Da lì, a
piedi, al Centro Cultural Recoleta (e non è esattamente una
passeggiata, per chi conosce Buenos Aires), aperto proprio in fianco al
famoso cimitero dove riposano le spoglie di Evita Perón. A cui questa
volta mi sono rifiutato di rendere omaggio, perché comunque meta di
torme di turisti in braghette corte. "Santa Evita" ha beneficiato ancora
una volta un quartiere già abbastanza ricco di suo, che da qualche
anno si è riempito di locali ipermoderni, cool, come si dice, ossia modaioli, ma anche cool se non chilled
per via della temperatura polare da condizionatore abbinata alle
ambientazioni glaciali. E al cibo di plastica. Alla larga, dunque. Al
Centro Culturale, invece, la mostra "spazio(des)aparecidos de centros clandestinos de detención para la memoria",
coproduzione dell'associazione H.I.J.O.S. (i figli dei desaparecidos), e
di Progetto Sur (una ONLUS italiana) con il sostegno della Cooperazione
Italo-Argentina, già presentata qualche tempo fa a Roma. Si tratta di
foto scattate all'interno dei centri clandestini di detenzione, di cui
si è avuto notizia e l'ubicazione anche parecchi anni dopo la fine della
dittatura genocida (1983), una volta che ne è stato reso possibile
l'accesso. Al suo interno, la sezione "Rostros, fotos sacadas de la ESMA",
ossia le fotografie che Victor Basterra, un'internato nel principale
campo di tortura, la Escuela Mecánica de la Armada, appunto, in pieno
centro, e uno dei pochi a scampare alla desapareción, era
riuscito a trafugare. Grafico e fotografo, iscritto al sindacato
peronista CGT, fu sequestrato il 10 agosto del 1979 insieme alla moglie e
alla figlia di due mesi, rilasciate però dopo una settimana. Lui fu
trattenuto, portato alla ESMA, torturato, ma presto, per le sue
competenze e capacità, fu assegnato al gabinetto di falsificazione
documenti dei militari. Quando avevano bisogno di una identità falsa
(capitava spesso, in previsione delle ricorrenti "operazioni di
pulizia"), essi gli chiedevano quattro fotografie: lui ne stampava
cinque (restituendo i negativi, per non destare sospetti) e ne
tratteneva una, che nascondeva nelle casse dove era conservata la carta
fotosensibile, e che quindi non venivano mai aperte in occasione delle
perquisizioni di rito. Dato che per il suo incarico delicato godeva di
un trattamento di favore, e qualche volta lo facevano tornare a casa "non per una forma di bontà - dice oggi - ma perché alla mia famiglia fosse chiaro che non dovesse denunciare la mia sparizione",
in tali occasioni trafugava le fotografie in più occultandole nelle
mutande. Ed è stato anche grazie ad esse che alcuni torturatori sono
stati inchiodati. Liberato il 3 dicembre del 1983, soltanto una
settimana prima che il presidente democraticamente eletto, Alfonsín,
assumesse la carica, naturalmente sotto minacce di morte se avesse
rivelato qualcosa, riuscì a "salvare" anche delle foto di desaparecidos,
tra cui la sua stessa, che gli aguzzini stavano bruciando insieme ad
altre "prove". Oggi è chiaro e riscontrato che i militari avessero un
piano ben preciso e preordinato di eliminazione tolate della futura
classe dirigente: 30 mila tra militanti, sindacalisti, intellettuali e
studenti impegnati nelle lotte sociali e politiche degli anni Sessanta e
Settanta e non, si badi, "guerriglieri", se non in minima parte,
spariti nel nulla. Ed è altrettanto evidente che si trattasse di un
regime economico e sociale prima ancora che politico, fondato su un
capitalismo sfrenato e l'accumulazione da rapina di ricchezza a
discapito delle classi più deboli. Siccome si trattava di demonizzare
l'oppositore, creando ad arte la figura istituzionalizzata del sovversivo, e
la conseguenza era quella di negargli sia l'identità sia la stessa
umanità, è ancora più importante oggi personalizzare e umanizzare la
figura del desaparecido, rendendola, al contrario, visibile:
altro che "voltare pagina", come suggeriscono gli ignavi. Dice oggi uno
degli "Hijos", i bambini figli di desaparecidos "rubati" e adottati da
famiglie di militari e che sono riusciti a risalire alla loro vera
identità: "Si credevano magnanimi: come fossero degli dei, sentivano
di avere il potere di togliere e dare la vita. E così hanno fatto:
l'hanno tolta a 30 mila nemici per darla a noi, 500 bambini figli di
desaparecidos". "Un Paese che non conosce il suo stesso passato non ha futuro",
ricorda oggi Carlos Pisoni, altro esponente degli Hijos, che hanno
ripreso la politica dei loro genitori, attualizzandola. E la campana
suona anche per noi italiani, notoriamente gente di memoria corta.
giovedì 25 ottobre 2007
Nessuno vuol essere presidente (di seggio)
BUENOS AIRES -
Mentre l'opposizione disunita spara le sue ultime cartucce, di ieri
l'accordo per coordinare il lavoro dei propri rappresentanti di lista e
scrutatori e gestire insieme i dati provenienti dai seggi campione, il
paradosso di giornata è che nella Capital Federal, dei 17751 telegrammi
di notifca per la nomina di scrutatori e presidenti di seggio per
domenica prossima, ne sono tornati indietro 15249 alla commissione
elettorale. Ossia l'85,9 per cento. Nella maggior parte dei casi, il
destinatario è rimasto sconosciuto, complici parenti o vicini di casa
che hanno dichiarato che il convitato si è trasferito da poco, è in viaggio da mesi, non vive lì.
Tra coloro che hanno accettato la nomina, quasi la metà ha sollevato
impedimenti di vario genere. Non è una novità, ma una fuga di queste
dimensioni non si era mai registrata, un vero "fallimento sociale", come
sostiene un'alta fonte della magistratura elettorale. Si pensa ora di
correre ai ripari convocando, con un "meccanismo eccezionale", impiegati
e funzionari di giustizia, che verrebbero tra l'altro pagati il triplo
dei "coscritti" (che vengono invece sorteggiati), 180 pesos al posto di
60 (che sono l'equivalente di 15 euro o 20 dollari). La situazione non
cambia nella regione del Gran Buenos Aires, a Córdoba e nel suo
conurbano, in misura minore a Rosario e nel Chubut (Patagonia). Insomma
nelle zone più ricche, perché nell'interno, mettiamo a Purnamarca, oltre
al fatto che la nomina viene considerata un riconoscimento pubblico, 60
pesos valgono il doppio che nella capitale. Si discetta sulla cause:
dal disinteresse verso la politica alla campagna elettorale fiacca, alla
scarsa coscienza civile, ma anche gli emolumenti che sanno di elemosina
per un lavoro stressante e carico di responsabilità giocano un ruolo
(tutto il mondo è paese), in più ci mette del suo anche la commissione
elettorale, che a Santa Fé è stata capace di individuare uno dei rari
analfabeti argentini, per nominarlo alla carica. Tale Alberto Aguilera,
la chicca è del "Clarín" di oggi, che nel rinunciare ha anche
denunciato di non avere abbastanza soldi per viaggiare nella capitale
della Provincia al fine di perorare la propria sostituzione. Da un lato
si fa notare il venir meno di un senso del dovere civile, dall'altro si
polemizza sulle soluzioni: e se la maggioranza degli impiegati
ministeriali fosse iscritta a un sindacato vicino alla Kirchner? E se si
ipotizzasse di utilizzare i militari, per sostituire i cittadini
sorteggiati ma recalcitranti, non sarebbero propensi ad aiutare la
destra? Intanto la Gran Favorita, Cristina Kirchner, per la prima volta
dall'annuncio della propria candidatura, il 19 di luglio, si è concessa
ai media nazionali, radio e TV. La Signora "che sa cosa fare", come
recita uno dei suoi cartelloni elettorali, soprattutto con il botulino
quando non con il bisturi, tanto sembra plastificata, deve essersi resa
conto di non stare per niente simpatica agli elettori, molto meno del
marito, e mentre per la prima volta ha parlato dell'inflazione
(argomento su cui tornerò, facendo i conti della serva e servendomi della nasometria),
difendendo i dati ufficiali forniti dall'INDEC (il sistema in uso qui e
messo in discussione da mesi), ha promesso al contempo dei cambiamenti.
Risultato, la gente ha capito una cosa: o non ha le idee chiare, o le
cifre che si ostina e difendere sono sottostimate e favorevoli al
governo. In un pomeriggio temporalesco ho invece assistito alla
pittoresca chiusura della campagna elettorale di Pino (Fernando)
Solanas, il celebre registra di "Tangos, l'esilio di Gardel", "Sur" e
"Il viaggio", di cui anche in Italia sono di recente apparsi i due
film-denuncia-documentario "Diario di un saccheggio" (2004) e "La
dignità degli ultimi" (2005), veri e propri atti politici tradotti nella
sua candidatura a capo del Partito Socialista Autentico. Con un
programma tra l'altro pienamente condivisibile e per nulla estremista.
La "carovana" del candidato era preceduta da un "Pulqui" di cartapesta
(si tratta dell'unico aeroplano progettato interamente in Argentina,
negli anni Quaranta, che oltre a rappresentare un simbolo di progresso, allude alla necessità di risolvere da soli i propri problemi e di pensare
il futuro) e dopo una manifestazione di sostegno alle "Fabbriche
Recuperate" (dalle stesse maestranze, dopo la crisi di sette anni fa:
altro tema su cui vale la pena soffermarsi) si è chiusa davanti alla
sede della Repsol-YPF: pezzo forte del programma di Pino la ri-nazionalizzazione della compagnia petrolifera di Stato YPF, appunto, controllata dalla spagnola Repsol,
dei giacimenti di gas e delle miniere. Auguri a Pino, che è uno che si
ferma a parlare con chiunque senza dover salire alla ribalta, anche se
prevedo una Elisa Carrió con buone possibilità di andare al
ballottaggio. Con le sue mosse da Superstar Donna Cristina, anche se ha
cambiato registro alla campagna elettorale negli ultimi giorni, rimane
sempre una con la puzza sotto il naso e palesemente arrogante. Io ho
l'impressione che parecchi voteranno la Carrió perché se passasse al
secondo turno, fra gli oppositori è quella che potrebbe attirare più
voti si di sé. E l'aria che tira è quella, almeno, di non far eleggere
la strafavorita al primo turno con un plebiscito. Per limitarne un po'
la boria e il senso di onnipotenza. Qui nella Capital Federal la maggior
parte della gente con cui ho parlato ragiona così. Ma Buenos Aires non è
l'Argentina. E i porteños non sono molto amati nel resto del Paese.
mercoledì 24 ottobre 2007
Primavera australe
BUENOS AIRES - Ed
eccomi finalmente di nuovo a Buenos Aires, dopo tre anni di latitanza.
Complice una meravigliosa giornata primaverile, dopo le brume della
piovosa San Paolo al cambio d'aereo all'alba, la Reina del Plata compare
dopo il grandioso estuario in tutta la sua luce. Ordinata, con la sua
planimetria squadrata, pulita, un cielo terso, azzurro e vasto come solo
qui riesce ad essere, per me è sempre una gioia volver. Se
anche nei suoi periodi peggiori (come durante la crisi dell'estate
2000-2001) è sempre stata una città vivibile ma anche reattiva, che non
si fa domare, con personalità esuberante, l'ho ritrovata più in forma
di come l'avevo lasciata. Lo si vede transitando tra avenidas e calles, non più invase dai cartoneros che
recuperavano carta da riciclare dagli uffici, con meno mendicanti e
venditori di mercanzia varia (che comunque non mancano), gente più
sorridente. Mi sembra anche di aver notato diverse case in
ristrutturazione e maggiore attenzione alle condizioni di strade e
marciapiedi (questi ultimi da sempre un incubo, in città). E lo dicono
anche i dati governativi: todo sigue bien (anche se la gente
comune e i giornali non credono ai dati al ribasso dell'inflazione:
quella percepita è perlomeno il doppio di quella ufficiale) e seguirá mejor
se alle presidenziali di domenica si incoronerà, come ampiamente
previsto dai pronostici, Cristina Fernandez de Kirchner, moglie
dell'attuale presidente Nestor, che diventerebbe la prima presidentessa
eletta dell'Argentina (la famigerata e inetta Isabelita, alla morte di
Perón nel 1975, gli succedette per alcuni mesi in quanto vice) e prima
staffetta in famiglia, e "senza passare dal via" (8 anni di Bush) come
nel caso di Bill e Hillary (Rodham) Clinton. Seguirá mejor perche'
Cristina sa come fare e continuerà l'opera meritoria del marito, il
quale ha portato al sostanziale risanamento il Paese durante i quattro
anni del suo mandato. Insomma non è il caso di cambiare una guida
sicura, quella dei "Pinguini" patagonici, per avventurarsi nell'ignoto.
Mentre il marito, si dice, potrebbe tentare l'avventura di creare
finalmente un partito definitivamente post-peronista, che strizzi
l'occhio al brasiliano Lula e faccia riferimento alle socialdemocrazie
europee. Un po' meno soddisfatti, gli argentini, del fatto che con
questo escamotage di scambiarsi i ruoli (sono previsti al
massimo due mandati consecutivi) rischiano di trovarsi per i prossimi
trent'anni governati a turno dalla coppia venuta dal freddo. Nulla
sembra turbare una campagna elettorale che mi dicono di una noia
mortale, in cui la signora si è dedicata piu' che altro ai viaggi
all'estero (a spese dello Stato) e non si è mai degnata di partecipare a
trasmissioni, e meno che mai dibattiti televisivi. Il tema che sta
scaldando questi ultimi giorni è se Cristina Kirchner supererà o meno la
quota del 40% dei voti validi per evitare il ballottaggio. Di
stamattina la notizia che i candidati dell'opposizione (dal liberale
Lopez-Murphy alla "bindiana" Elisa Carrió di Coalición Cívica, passando
per il radicale Lavagna, più Alberto Rodríguez Saá e Jorge Sobisch) si
sono messi d'accordo per tenere d'occhio gli scrutini e daranno vita,
attraverso la messa in comune dei dati dei seggi campione dei propri
partiti, a un centro di conteggio parallelo a quello ufficiale. Non è
tanto o solo paura di brogli, ma si vuole evitare che prima delle 18 di
domenica l'entourage presidenziale metta in giro degli exit poll
in cui si annunciasse il superamento di quota 40% della strafavorita e
quindi la sua vittoria al primo turno, scoraggiando il rush finale di
elettori ancora dubbiosi. I candidati dell'opposizione, incapaci di
trovare un accordo, sostengono che in fin dei conti sia un bene essersi
presentati in ordine sparso, perché così i voti non si concentrerebbero
già al primo turno sulla Kirchner, rimane da capire in base a quale
prodigio potrebbero trovare un accordo una volta che uno di loro
giungesse al ballottaggio.
lunedì 22 ottobre 2007
Mafia e Ferrari: due primati italiani
Mi
trovo a Monaco di Baviera, in attesa domani di partire alla volta di
Buenos Aires, e avevo colto l'occasione per assistere stasera a una
delle rare esibizioni europee dei Pink Martini, gruppo cult
statunitense che gode di una certa notorietà anche in Italia. Superfluo
notare che a 500 chilometri dalla capitale morale, un tempo Milano, il
traffico scorre, i mezzi pubblici ti portano ovunque, i parcheggi si
trovano senza difficoltà, le persone sono capaci di sorridere, gli
immigrati stranieri, ben più numerosi che da noi, sono sicuramente ben
più integrati. Infine, e la cosa non guasta, la città, che pure è la più
gaudente della Germania, ha un costo della vita per molto aspetti
inferiore di Milano o della stessa Roma. Una volta tanto stamattina ero
quasi orgoglioso di essere italiano, perlomeno sportivamente, per il
Mondiale F1, sia piloti sia costruttori, conquistato ieri dalla Ferrari
in Brasile. I media tedeschi, più ferraristi e memori delle imprese di
Schumacher che nazionalisti a causa della Mercedes, hanno dato risalto
all'impresa e commentato con simpatia. Simpatia che non nutrono per i
"furbi", per l'occasione la scuderia anglo-tedesca MacLaren-Mercedes.
Equilibrio raro. Ma a riportarmi per terra, ossia alla reputazione di
cui purtroppo godiamo all'estero, una notizia (in realtà una non notizia: ignoravo soltanto la dimensione del fenomeno, ma dei sospetti li nutrivo) che campeggia sull'edizione on line
del "Corriere": la mafia sarebbe la prima azienda italiana, con un
fatturato di 90 miliardi di euro l'anno, pari al 7 % del PIL, secondo un
rapporto della Confesercenti. Sono queste le cose che rovinano un
Paese. Togliamoci dalla testa una volta per tutte che in giro per il
mondo siamo stimati e simpatici. Non è così, e notizie del genere non
aiutano.
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